Roma, non voltarti: ora pensa all’Udinese

 Archiviare immediatamente la prestazione di Livorno, guardare avanti. Ovvero, puntare decisi alla prossima gara, quella in programma all’Olimpico il 20 marzo tra Roma-Udinese. E’ il diktat che giunge dalle pagine de Il Romanista. Testuale:

Facciamocene una ragione, tiriamo avanti e pensiamo all’Udinese. Ok, l’umore non sarà quello dei giorni migliori. Ma sabato sera varrebbe la pena di fare un salto all’Olimpico.

Il “Picchi” insulta Ciavarro: indossava una sciarpa della Roma

 L’esito della trasferta giallorossa in quel di Livorno è stato da “meno peggio”: qualche atto vendalico e una cinquantina di tifosi rispediti a casa perchè in viaggio senza biglietto del treno. Da annotare gli insulti dell’Armando Picchi a Massimo Ciavarro che, in collegamento con “Quelli che il Calcio“, è stato contestato per aver indossato una sciarpa della Roma. Da Il Romanista:

Cinquanta tifosi rimandati a Roma, perché viaggiavano sul treno senza biglietto, e trenta identificati per atti vandalici, sempre su un convoglio delle Ferrovie dello Stato. Qualche contuso lieve: è questo il bilancio del prepartita di Livorno-Roma.

Pizarro, quando l’errore è (solo) di rigore

 David Pizarro non dimenticherà Livorno-Roma a causa dell’errore dal dischetto che ha impedito alla Roma di allungare ulteriormente sui labronici. Avesse segnato, la gara sarebbe stata sicuramente in discesa ma per quanto l’errore possa essere stato decisivo, Il Romanista si schiera dalla parte del cileno. Decisivo – nel bene – come le altre volte. Testuale:

In questo giorno in cui in cui tutti stiamo recriminando per il rigore sbagliato ieri da Pizarro ci sentiamo in dovere di difenderlo. Probabilmente se lo avesse segnato la Roma avrebbe vinto e ora staremmo a fare ben altre considerazioni sulla partita di ieri e sul campionato.

Livorno-Roma: 2400 tifosi giallorossi al Picchi

 Da Il Romanista:

Invasione sarà. Un esodo che congiungerà la Capitale a Livorno. Oggi, le chiavi del settore ospiti dello stadio “Picchi” saranno in possesso dei tifosi giallorossi. Le ultime ore di vendita biglietti, grazie alla triplice sberla subita dall’Inter a Catania, hanno fatto registrare il sold out. Esauriti, quindi, tutti i 2.400 posti riservati a chi “macina chilometri, supera gli ostacoli, con la Roma in fondo al cuor”. Un successo della passione e un messaggio forte a chi gestisce il potere istituzionale: fateci seguire il nostro cuore, dimostreremo di saperci comportare in modo corretto e civile. La legge deve essere uguale per tutti, senza distinzioni. Chi viene da avversario all’Olimpico gode della massima tutela, giusto quindi permettere alla tifoseria romanista i viaggi oltre le mura della città.

Venditti: “Lo scudetto, un sogno. Roma, speriamo che sia bello”

Antonello Venditti dice la sua a poche ore da Livorno-Roma. Lo scudetto, in fin dei conti, sarà pure un sogno ma allora tanto vale cominciare a sognare. Da Il Romanista:

Risponde al telefono dopo cinque squilli con voce squillante, ma un po’ affannata «sono a Bari per un concerto. In questo preciso momento mi trovo in mezzo agli strumenti». Ma cinque minuti per parlare di Roma si trovano sempre. Antonello Venditti è in Puglia ma il cuore e la testa saranno al Picchi di Livorno.E’ scaramantico Antonello. E’ prudente e abbottonato. Non vuole sbilanciarsi più di tanto Ma sa perfettamente che c’è un sogno da inseguire. Venditti in una sua canzone dice: “…il tuo segreto io lo so qual è. Forse nella gente che ogni giorno sceglie te e più orgogliosamente quel che sarà, sarà”. Parole sempre valide, per la Roma, ma mai come in questo momento vere. D’altronde la canzone si
chiama “Ho fatto un sogno”. E chissà se nel teatro di Bari, che ospita il suo concerto, la canterà.
Venditti, che sarà oggi?
«Bella domanda, magari saperlo (ride, ndr). Non lo so, però abbiamo una grande, anzi grandissima possibilità. La sconfitta dell’Inter riapre tutto, però non dimentichiamoci che la partita di Livorno è difficile. E’ un campo ostico».
Dove non vinciamo da tempo.
«Appunto. E poi queste cose nel calcio non sono mai casuali. Evidentemente in quello stadio c’è qualcosa che ci rende tutto più difficile ».
Ieri Rosella Sensi era a Trigoria e ha detto alla squadra: crediamoci.
«Ha fatto bene. Mi sembra doveroso. Poi, ripeto, vediamo che succede oggi. Non vorrei che parlassimo troppo presto».
Ma lei, però, a questo sogno ci crede?

De Rossi, Livorno nell’album di Alberto e Daniele

 Da Il Romanista:

Il 13 giugno 1920 Paolino Ferraris, fratello maggiore di Attilio perse contro il Livorno la possibilità di aggiudicarsi il titolo centro meridionale e sfidare l’Internazionale per lo scudetto. La gara finì 3-2 e l’arbitro Gama, milanese, ci mise molto di suo. Fratel Porfirio non capì mai quella sconfitta o forse la capì sin troppo bene, l’Internazionale come avversaria preferiva il Livorno. Comunque sia, da allora, Attilio Ferraris IV quando metteva piede a Livorno aveva sempre brutte sensazioni. Diametralmente opposta è la storia per un altro Campione del mondo romano e romanista, Daniele De Rossi. La prima maglia professionistica indossata da Daniele è infatti stata proprio quella amaranto. Correva la stagione 1983/84 e il Livorno di Alberto De Rossi aveva già centrato matematicamente una bella promozione in serie C. Un’annata magica in cui tutto riusciva. Un campionato senza sconfitte fatto di 14 pareggi e 18 vittorie, compresa quella fantascientifica contro il Pontedera, con una rovesciata di Ilari. Alberto De Rossi, come ha raccontato Tonino Cagnucci nel suo libro “Il mare di Roma“, celebrò quel successo portando il piccolo Daniele in campo, davanti ad uno Stadio Ardenza completamente esaurito.

Livorno-Roma: Alessio Cerci, quasi un derby per l’ex pisano

 Alessio Cerci si sta giocando le ultime chance per indossare una maglia da titolare contro il Livorno: il giallorosso, con trascorsi nel Pisa, potrebbe quindi rivivere le emozioni delle stracittadine tra neroblu e labronici che vivono una rivalità acerrima. Da Il Romanista:

C’è anche Cerci tra i candidati per un posto da titolare nella trasferta di domani a Livorno. Nelle ultime settimane, oltre a lavorare quotidianamente con grande impegno, il Thierry Henry di Valmontone (lo soprannominarono così ai tempi della Primavera romanista) si è fatto sempre trovare pronto nelle occasioni in cui Ranieri ha deciso di chiamarlo in causa. Ieri il mister giallorosso ha provato l’attaccante nato il 23 luglio dell’87 in quello che potrebbe essere, salvo ripensamenti, l’assetto offensivo  l’inizio gara all’Armando Picchi. Un 4-2-3-1 con Alessio nella posizione di esterno alto a destra, Vucinic sulla sinistra e Perrotta alle spalle del rientrante Luca Toni.

Mexes al Man Utd: un po’ più che voci di mercato

Ancora notizie di mercato che interessano Philippe Mexes: oramai sono in pochi quelli che credono nella permanenza del francese nella Capitale, anche per il fatto che il campione transalpino sembra godere di estimatori internazionali di tutto rispetto. Non solo i grandi club italiani – dal Milan alla Juventus – ma anche le società europee più blasonate. Ultima in ordine di tempo, il Manchester United che pare davvero interessato al centrale capitolino. A riportare la notizia, Il Romanista:

Il Manchester United potrebbe seriamente pensare a Mexes per la prossima stagione. Così scrivono in Inghilterra, dove ricordano come un interesse dei Red Devils fosse vivo già nel 2003, quando Phil vestiva ancora la maglia dell’Auxerre. Quanto c’è di vero nei rumors d’Oltremanica? Abbastanza. Il fatto di essere nel mirino dello United non può non far piacere a Mexes, che alla Roma e ai romanisti è legatissimo. Ma che in questa Roma, la Roma di Ranieri, sembra non trovare più spazio. Anche domani, a Livorno, rischia di finire in panchina. Particolare da non trascurare, Phil ha una clausola rescissoria   di 16 milioni, ma solo per l’estero. Significa che se Ferguson vuole davvero il nostro centrale, e si presenta  a Trigoria con quella cifra, Mexes è suo. Il Manchester non è il solo club interessato a Rugantino. In Italia,  Juventus e Milan sono pronte ad ingaggiare un’asta milionaria.

Bruno Conti, l’idolo del popolo che disse no a Maradona

 Da Il Romanista:

Il suo numero sette è stato e rimane un marchio di fantasia, di fedeltà, di passione. Bruno Conti giocherà per sempre al calcio e per sempre giocherà nella Roma. A provare a portarlo via hanno provato in tanti, anche Diego Armando Maradona. Maradona, lo sappiamo, è l’uomo degli eccessi e quando si mette una cosa nel cabezon, in genere riesce ad ottenerla. Aveva giurato, ad esempio, che avrebbe vinto un mondiale fin da quando il Flaco Menotti gli aveva comunicato che non lo avrebbe convocato per il torneo iridato del 1978. I mondiali aveva dovuto vederli dagli spalti e poi andare in giro a festeggiare per Buenos Aires a bordo del furgone del suocero. Ebbene El Diego a novembre del 1978 era già in nazionale e Beckenbauer a Tucuman chiedeva di scambiare con lui la maglia. L’argentino nel 1985 si era messo in testa di portare Bruno Conti a Napoli. La gente partenopea si era convinta lui fosse “una macchina per regalare felicità” e aveva paura di non riuscire ad accontentarli.

Conti, Nela e De Sisti: nati il 13 marzo

 Da Il Romanista:

Ma cosa avrà di così speciale questo 13 marzo per aver dato i natali a così tanti grandi romanisti della storia? Oltre all’immenso Bruno Conti, infatti, in questo giorno sono nati anche Sebastiano “Sebino” Nela (a Rapallo, in provincia di Genova, nel 1961) e Giancarlo “Picchio” De Sisti (Roma, 1943). Due miti della storia giallorossa, di quelli che solo quando ne senti pronunciare il nome devi alzarti in piedi ed applaudire. Ad entrambi facciamo i nostri migliori auguri. Nela aveva i quadricipiti come Hulk e correva sulla fascia che era un piacere vederlo. In giallorosso giocò tutti gli Anni 80 e l’inizio dei 90, vincendo molto ed entrando per sempre nel cuore dei tifosi. A volerlo nella Capitale fu Liedholm, che una volta ci disse: «Di Nela mi accorsi perché ogni volta che tornavo a casa, in Piemonte, l’aereo faceva scalo a Genova e lì tutti mi raccontavano di lui. Così decisi di andarlo a vedere dal vivo e in quell’occasione, nonostante giocasse stopper, segnò anche un bel gol di testa su azione d’angolo. Mi convinse e dissi a Viola di prenderlo anche perché poteva essere impiegato in tutti i ruoli della difesa. A Roma lo feci lavorare molto sui fondamentali e poi lo misi a destra, sia perché dall’altra parte avevo Maldera, sia perché in quel modo Nela poteva sfruttare il dribbling a rientrare per portarsi la palla sul suo piede preferito, il sinistro, per fare quei cross che spesso disorientavano la difesa avversaria».

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