La Nazionale di calcio del Messico, importante e affascinante paese nord-americano, è posta sotto l’egida della Federación Mexicana de Fútbol Asociación. Nella sua storia ha vinto per ben cinque volte la CONCACAF Gold Cup (1993, 1996, 1998, 2003 e 2009) ed anche una FIFA Confederations Cup (1999).
Pre-convocati Mondiali 2010 – I convocati del ct Javier Aguirre in vista dei Mondiali 2010. Il Messico è inserito nel GRUPPO A con Francia, Sudafrica e Uruguay. Il tecnico, che aveva inizialmente chiamato 26 giocatori, ha tagliato due elementi: tornano a casa Adrian Aldrete (Morelia) e Juan Carlos Valenzuela (America). Il 1° giugno si passerà ai 23 definitivi per il Sudafrica.
PORTIERI: Oscar Perez (Chiapas), Guillermo Ochoa (America), Luis Ernesto Michel (Guadalajara);
DIFENSORI: Rafael Marquez (Barcellona), Ricardo Osorio (Stoccarda), Francisco Rodriguez (Psv Eindhoven), Carlos Salcido (Psv Eindhoven), Hector Moreno (Az Alkmaar), Paul Aguilar (Pachuca), Efrain Juarez (Unam Pumas), Jonny Magallon (Guadalajara), Jorge Torres Nilo (Atlas);
CENTROCAMPISTI: Andres Guardado (Deportivo La Coruna), Jonathan Dos Santos (Barcellona), Gerardo Torrado (Cruz Azul), Israel Castro (Unam Pumas), Giovani Dos Santos (Tottenham);
ATTACCANTI: Pablo Barrera (Unam Pumas), Adolfo Bautista (Guadalajara), Alberto Medina (Guadalajara), Cuauhtemoc Blanco (Veracruz), Carlos Vela (Arsenal), Javier Hernandez (Manchester United), Guillermo Franco (West Ham).
Storia – Per la gran parte del secolo scorsa, ma soprattutto negli anni novanta, la nazionale messicana ha primeggiato sulle altre squadre della zona CONCACAF, e grazie ai successi ottenuti, i suoi giocatori si sono guadagnati l’epiteto di “Giganti della CONCACAF”. A partire dal 2000, il destino calcistico della nazionale messicana, si è più volte incontrato con quello della Nazionale statunitense: le due squadre sono diventate così acerrime nemiche sul campo, dimostrandosi una rivale molto competitiva per il Messico, mettendo a serio rischio il dominio messicano sulla scena continentale, vincendo la Gold Cup nel 2002, ma soprattutto eliminando il Messico dal secondo turno del Mondiale 2002.
E’ stato uno degli ultimi a mollare, è stato uno di quelli che ci hanno creduto fino all’ultimo. E’ stato anche tra coloro che ha onorato la maglia giallorossa come avrebbe fatto un romano de Roma. Pur arrivando direttamente dalla sponda avversaria – l’Inter, che è, per bontà economica di Massimo Moratti, una ex squadra un po’ per tutti i calciatori di serie A – il Pek è sembrato fin da subito un figlio di Testaccio. O Trastevere. O fate un po’ voi il quartiere. E’ David Pizarro, il centrocampista cileno che in questa stagione si è travestito da elettricista per accendere e spegnere a piacimento le lampadine del gioco della Lupa. Il suo compare di reparto, Daniele De Rossi, è un cavallo di razza, di quelli a cui bisogna dare libero sfogo nella manovra e nelle ripartenze offensive. Lui, invece, preferisce fare un passo indietro (e anche più di uno) per osservarne i movimenti ed intervenire quando necessario. Il trentunenne di Valparaiso ha attraversato un’annata caratterizzata da tanta quantità nella zona nevralgica rimanendo, come detto, in cabina di comando più che in prima linea.
Daniele De Rossi parla che è un piacere. Lo scudetto, ilcampionato, gli striscioni anti-Roma e anti-Totti esposti dagli interisti in piazza Duomo, un certo modo di fare festa che il romano prorpio non capisce, il futuro, Claudio Ranieri, la mentalità vincente. A margine di un evento organizzato dall’Adidas a Milano e al quale erano presenti anche diversi interisti (Esteban Cambiasso e Diego Milito tra gli altri), Capitan Futuro si è fermato a parlare ai giornalisti e rispondere alle domande del caso.
Giornata di importanti riconoscimenti al Circolo Canottieri Aniene per il consueto appuntamento con i Premi USSI (
così. Abbiamo fatto un grande campionato e ora dobbiamo ripartire. Non mi aspettavo tutto quell’affetto dei tifosi a Fiumicino. Se per me questa stagione è ripetibile? No. Lo Scudetto all’Inter? Sono fortissimi, noi abbiamo fatto il possibile e ripartiremo per vincere. Sappiamo che ogni volta non è possibile recuperare in corsa tanti punti perciò dovremo ripartire col piede giusto. Ringrazio l’allenatore per la fiducia, il resto l’ho dimostrato in campo. La Nazionale? Rispetto la scelta di Dunga”.
“Quando sono arrivato qui lo avevo detto subito, ma nessuno pareva crederci“. Esordisce così Antonio Cassano a poche ore dal triplice fischio di Sampdoria-Napoli, ultima di campionato per i doriani che, in virtù della vittoria arrivata grazie alla diciannovesima rete stagionale di Giampaolo Pazzini, hanno conquistato un posto per giocarsi i preliminari d’accesso alla Champions League. “E’ il giorno più bello della mia vita“, ripete con enfasi il 99 blucerchiato che, nel corso dei festeggiamenti che si sono protratti nel post gara, ha festeggiato come se avesse conquistato lo scudetto. In effetti, per un club partito a inizio stagione con l’ambizione massima di fare meglio dello scorso anno, è un giorno speciale. Da festeggiare a oltranza. Per Cassano, tuttavia, che a Genova è arrivato in un momento particolarissimo della propria carriera sportiva (dopo il nulla fatto vedere al Real Madrid, il doriano aveva bisogno di rigenerarsi sia a livello personale che calcistico), il traguardo è anche qualcosa di più: una scommessa vinta con se stesso, che va a fare il paio con l’incontro di una vita (quello con la fidanzata Carolina Marcialis) e con l’ideale simbiosi raggiunta con la tifoseria doriana.