Il cammino di Menez: da Marco Delvecchio al bastone di Ranieri

di Redazione Commenta


 “Voglio entrare nei vostri cuori”. Si era presentato così Jeremy Menez il 29 agosto 2008, giorno della conferenza stampa di presentazione a Trigoria. Il francesino si era appena trasferito nella Capitale da Monaco con sogni e aspettative per il suo futuro, tutto colorato di giallorosso. “Mi piacerebbe emulare un campione come Marco Delvecchio che ha giocato tanti anni in questo club” aveva dichiarato. Per cominciare prese il suo numero di maglia, il 24, poi prontamente cambiato in questa stagione (ora sfoggia il 93), perché Delvecchio, con quella maglia, segnò 62 reti in 231 partite, ma soprattutto fece vedere “le orecchie” per 9 volte ai tifosi biancocelesti nei derby. Menez nella stracittadina non ha mai esultato, anche se ci è andato vicino la stagione scorsa quando si fece parare un tiro a tu per tu con Carrizo. E soprattutto in campionato ha siglato 5 reti in 40 incontri, troppo pochi per i circa 10,5 milioni di euro usciti dalle casse giallorosse per assicurarsi le sue prestazioni. Prestazioni che si sono dimostrate alterne: dalle perle contro Chievo (lo scorso anno) e Milan – tanto da essere soprannominato Fenomenez – è passato alla gara molle e irritante contro Cagliari, in campionato, e Catania, in Coppa Italia, sua ultima apparizione in maglia giallorossa. Il commento di Claudio Ranieri sul fantasista transalpino, nato il 7 maggio 1987 a Longjumeau, in quell’occasione fu: “Si era intestardito nei dribbling, si era intestardito nel cercare la giocata invece serviva serenità”. Serenità che è mancata in quasi tutta la stagione; durante i 636 minuti disputati, vale a dire 11 partite totali sulle 21 a disposizione, Menez ha lasciato il segno in una sola gara, quella di San Siro contro i rossoneri. Eppure l’anno nuovo era iniziato nel migliore dei modi, segnando il suo primo gol in Europa con la maglia giallorossa, nella sfida di ritorno del terzo turno preliminare di Europa League in casa del Gent (1-7 il risultato). Poi si è ripetuto il 20 agosto nel quarto turno preliminare di Europa League, sempre in trasferta, in casa del Kosice, (3-3), e nella partita di ritorno a Roma, il 27 agosto, vinta per 7-1. Ma con il cambio in panchina piano piano ha perso la sicurezza nei suoi mezzi, vittima anche del metodo “bastone/carota” di Ranieri. Ora con l’arrivo a Roma di Luca Toni, la permanenza di Baptista ed il ritorno in campo di Francesco Totti,  il reparto avanzato giallorosso rischia di essere in esubero e di lasciare vittime illustri a guardare la gara dalla panchina. Jeremy, dopo la sostituzione per scelta tecnica adoperata da Ranieri contro il Catania, anche oggi (così come ieri) non si è allenato e si è sottoposto alle cure fisioterapiche per il fastidio all’inserzione del ginocchio destro. Il malessere potrebbe essere psicosomatico vista l’ennesima bocciatura da parte del tecnico testaccino, che lo ha sostituito nell’intervallo di Coppa Italia. Dodici mesi fa davanti alla stampa dichiarò: “E’ un piacere giocare in questa squadra”. Ad un anno di distanza la sua voglia di Roma si sta affievolendo, o quantomeno la determinazione dimostrata sul terreno di gioco. Il suo futuro a tinte giallorosse è sempre più incerto: in Russia sono convinti che lo Zenit si farà sotto sul francesino, già allievo di Spalletti la scorsa stagione; la Fiorentina potrebbe bussare alla porta di Trigoria, dopo la squalifica di Mutu e dalla Francia sperano in un suo ritorno in patria, sponda Psv. Ma il mercato della Roma sembrerebbe chiuso. Potrebbe essere operata qualche altra operazione in uscita, ma non si tratterà di cessioni “illustri”. La palla ora passa a Jeremy.


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