Cessione Roma, la nuova società nascerà il 4 luglio

 Dal Romanista:

Nata il 4 luglio. Il giorno della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti potrebbe essere anche il primo dell’era americana al comando dell’As Roma. A confermarlo è stato ieri l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport. «Abbiamo supportato DiBenedetto in tutto per consentirgli di far bene. Passeremo le azioni il 4 luglio e poi… che faccia bene in campo e nei conti», ha spiegato il numero uno di Piazza Cordusio. Tutto a posto, quindi? No. Ci sono ancora degli intoppi sulla strada che porta al closing, alla firma del contratto definitivo di compravendita e dunque al passaggio delle quote. Intoppi che non mettono a rischio l’affare, meglio metterlo subito in chiaro. Ma sono intoppi che gli americani vorrebbero che fossero risolti al più presto. Fonti vicine alla banca invitano a non creare allarmismi. Sostengono che il rapporto con gli americani è sereno, che i contatti si susseguono quotidianamente e che dei rallentamenti siano normali quando si tratta in questo tipo di procedimenti. Registriamo. Oggettivamente, però, dei nodi da sciogliere esistono. Ecco quali sono.
I POTERI DI FIRMA Fino a ieri non esisteva una figura delegata a firmare gli atti compiuti dal neo diesse Sabatini. O meglio, una figura in realtà c’era. Era – è – Rosella Sensi. Ma la banca riteneva – ritiene – una mancanza di rispetto verso il presidente uscente farle firmare atti di straordinaria amministrazione per i quali non aveva avuto voce in capitolo. Per giorni si è parlato di un Cda che avrebbe dovuto conferire i poteri di firma a Roberto Venturini, il consigliere di amministrazione dell’As Roma delegato da Unicredit a gestire le finanze del club. L’ipotesi pare adesso tramontata. La soluzione che sarà adottata – sembra – è quella di una procura speciale esecutiva che Rosella Sensi, presidente uscente, dovrebbe affidare nella giornata di oggi a Venturini. Fonti Unicredit fanno notare come questo sia un non-problema. Quando arriveranno i contratti da firmare, dicono, saranno immediatamente firmati. Come quello di Luis Enrique, per esempio. Ma anche come quello di Walter Sabatini. Entro fine settimana saranno siglati entrambi. Sta di fatto che il nuovo capo del mercato dell’As Roma non è ancora potuto entrare a Trigoria, né in questa veste né (semmai avesse avuto un senso) da semplice osservatore. Lo farà nei prossimi giorni e magari riceverà anche la visita di Franco Baldini: il manager si trova tra Polonia e Ucraina per la federazione inglese e potrebbe essere a Roma verso la fine di questa settimana.

Con i Sensi sparisce un modo antico di fare calcio

 Da Repubblica.it:

L’addio dei Sensi chiude una maniera ormai antica di fare calcio, almeno in Italia. Affrontare la gestione di un grande club col patrimonio di una famiglia, sia pure ricca, e con un ricchezza costruita addirittura nelle generazioni, non è più possibile. Pensiamo a uno degli affari più importanti registrati in questi primi giorni di calcio mercato. Pirlo, a 32 anni, non ha rinnovato il contratto col Milan semplicemente perché la Juve gli offriva un triennale da 4 milioni a stagione, che per la società sono più di 20 milioni di euro.Un club come la Roma non avrebbe mai potuto chiudere un affare come questo, i giocatori di qualità è costretta a trovarli quando sono ancora giovani, prima che esplodano o ancora quando hanno fallito da qualche altra parte così che la loro quotazione sia crollata. Si fa quattro volte più fatica a gestire una squadra così e soprattutto non sono ammessi errori perché li paghi carissimi. Già la stessa gestione di Totti – negli anni – è stata un problema finanziario notevole. E nonostante tutto il patrimonio familiare ha retto un club ad alto livello e con uno dei  monti stipendi più alti della serie A (65 milioni). La Roma, soprattutto negli ultimi anni, non ha mai avuto la capacità di ricapitalizzazione di un Moratti, che dispone alle spalle di ben altre coperture finanziarie ben radicate nelle sue aziende.

“Guerra fredda” in casa Roma

 Da Il Tempo:

Sospesa tra presente e futuro, la Roma continua a spaccarsi. Da una parte gli americani che stanno per ereditare una società da ricostruire ma ancora non possono metterci le mani, dall’altra la Sensi, ormai concentrata soltanto sulle questioni personali, e una banca dal ruolo piuttosto ambiguo: virtuale proprietaria adesso e socia di minoranza nel futuro. A Boston la tensione sta salendo alle stelle. Venerdì scorso è partita una lettera formale di diffida verso Roma 2000, l’attuale «scatola» societaria che controlla il club, divisa tra i Sensi (51%) e Unicredit (49%) ma di fatto guidata dalla banca. DiBenedetto & Co. si sono sentiti esclusi da una serie di decisioni «politiche» prese negli ultimi giorni e sulle quali avrebbero avuto diritto a intervenire come scritto negli accordi siglati a Boston. Ma nessuno li ha interpellati. Rosella Sensi, fiancheggiata dal consulente Enrico Bendoni, sta gestendo la delicata questione dei diritti tv in Lega schierandosi al fianco delle grandi, mentre secondo i calcoli degli americani, alla Roma converrebbe di più spostarsi nel partito delle piccole nel calcolo dei bacini d’utenza. Perché? È vero che perderebbe qualcosa nella distribuzione degli introiti dalle tv ma allo stesso tempo ridurrebbe il gap da Juventus, Milan e Inter. Tradotto: in un campionato più equilibrato la Roma avrebbe più chance di giocare per il vertice. Invece la Sensi va avanti con le sue alleanze, puntando alla poltrona più importante in Lega: è stata lei a chiedere di votare il nuovo presidente nel prossimo Consiglio di domani sperando di essere eletta. Questione personali che si scontrano con le strategie del club.

Benvenuti americani, pagate i debiti. Una voragine nei conti della Roma

 Da La Repubblica:

In una città che vive e si abbevera di chiacchiere, la vendita della “As Roma” e il tramonto della famiglia Sensi offrono da mesi uno spettacolo variopinto. Che molto dice sullo stato dell’industria del pallone e sul rumoroso circo che le si muove attorno («papponi», ebbe a definirli Daniele De Rossi qualche tempo fa) e che, naturalmente, gira alla larga da un paio di domande chiave. Insieme a un marchio dalle straordinarie potenzialità, a una storia e a una passione cieca nella sua fede,cosa si sono comprati Thomas Di- Benedetto, James Pallotta, Richard D’Amore e Michael Ruane? Cosa c’è, davvero, nella pancia della “As Roma”? Si strepita sul prezzo di vendita («basso», disquisiscono alcuni), si lamenta un danno ai piccoli azionisti (che solo oggi scoprono di aver scommesso in borsa su una società tecnicamente fallita). Si confonde la futura linea di finanziamento operativa assicurata dal venditore Unicredit ai compratori con un’operazione di leverage (l’acquisto a debito, da caricare sui bilanci di ciò che si acquista) che non c’è stata. Si arriccia il naso sulla consistenza patrimoniale degli acquirenti americani che hanno evidentemente la colpa, nel Paese del capitalismo senza capitali, di aver tirato fuori una settantina di milioni di euro di tasca propria tra acquisto del 67 per cento delle azioni e immediato aumento di capitale per far fronte a perdite di 36 milioni di euro. Qualcuno – e vale la pena ricordarlo non per ragioni di campanile – è arrivato a sfidarli neanche fossero dei bari, come Claudio Lotito, presidente di una società, la “Ss Lazio”, impiombata da un debito con il Fisco che, nel 2005, ammontava a 140 milioni di euro e che «ragioni di ordine pubblico» consigliarono di rateizzare in 23 comodi anni. Dunque? Se si ha la pazienza di leggere le centinaia di pagine e allegati del “Legal due diligence report” redatto dall’advisor dei venditori di “As Roma” il 23 novembre del 2010, si comprendono le ragioni di una trattativa lunga e complicata. Si scopre di quale sostanza è fatto il Colosseo che, consapevoli del rischio, gli americani hanno comprato. Quale Paese dei Balocchi e fabbrica di “buffi”, come a Roma si definisce il “pagherò”, sia stata Trigoria in questi anni.

Cessione As Roma, firma vicina

 Dal Corriere dello Sport:

E’ cominciata la missione statunitense per il trasferimento della proprietà della Roma. Ieri sono partiti per Boston i legali Mauro Baldissoni dello studio Tonucci (che rappresenta il consorzio americano), Cappelli, Elena Lo Curto dello studio Grimaldi e Massimo Tesei dello studio Carbonetti (per Unicredit). E ieri, con un giorno in anticipo rispetto alle previsioni, è partito da Milano lo stato maggiore della banca, per il rush finale di una trattativa partita a fine gennaio a New York. Il vice direttore generale Paolo Fiorentino e il responsabile del corporate banking Piergiorgio Peluso sono atterrati ieri sera a Boston.
TAVOLO – Gli avvocati sono arrivati nella città americana con le bozze dei contratti aperte, in serata hanno completato la stesura degli allegati dei contratti. Oggi arriverà dalla Florida anche Thomas Di Benedetto e al tavolo della trattativa siederà anche Pallotta, l’uomo forte del consorzio americano. Non dovrebbero essere presenti gli altri due soci, Ruane e D’Amore. Le parti sperano di arrivare alla firma come previsto nella giornata di domani, anche se c’è ancora qualcosa da rividere. Ma la partenza in anticipo dei manager di Unicredit sta a significare la precisa volontà di chiudere anche da parte della banca.

Cessione As Roma, venerdì la firma

 Da Il Tempo:

Bagagli pronti, biglietti aerei prenotati, passaporti in tasca, arrivi scaglionati, appuntamenti già fissati e uno champagnino pronto ad essere stappato. Il programma dell’operazione Boston per la vendita della Roma agli americani è bello che pronto: oggi partenza e sbarco delle prime avanguardie, domani arrivo del grosso (e anche dei cosiddetti pezzi grossi) della spedizione e venerdì – se non ci saranno variazioni o problemi dell’ultim’ora – firme sui contratti definitivi e relativo brindisi. Tutto inizierà a muoversi questa mattina, quando da Fiumicino si imbarcheranno per gli States l’avvocato Mauro Baldissoni dello studio Tonucci & Partners e Massimo Tesei di Grimaldi e Associati. Destinazione finale Boston, anche se non si esclude una breve sosta a New York. I due legali, uno (Baldissoni) in rappresentanza del gruppo di DiBenedetto e uno (Tesei) di UniCredit, saranno raggiunti qualche ora più tardi anche dalla collega Stefania Lo Curto dello studio Grimaldi.

Cessione Roma, ecco chi sono i quattro imprenditori statunitensi

 Da Il Romanista:

Thomas R. DiBenedetto, nato il 3 giugno 1949, è un imprenditore con oltre 35 anni di esperienza in settori quali ICT, immobiliare, miniere, biotecnologie e venture capital. Vive a Boston, a Tremont Street, di fronte allo storico parco Boston Common, e ha il suo buen retiro a Fort Myers, Florida (con nei dintorni le ville dei suoi amici partner nell’operazione-AS Roma), dove ha una villa dal valore stimato di $6 milioni. È sposato con la coetanea Linda Marie ed ha quattro figli. Si calcola che il suo guadagno annuo si aggiri attorno ai 150-200 milioni di euro. I successi di DiBenedetto iniziano già all’università, con una laurea con lode in Economia nel 1971 al Trinity College1, con in aggiunta il riconoscimento dell’inclusione nella Dean’s List e la nomina alla Pi Gamma Mu, la National Social Sciences Honor Society, e il premio “John C. Alexander Award”, quale riconoscimento per l’eccellenza raggiunta nel campo delll’economia e dello sport. Sempre il Trinity College nel 2005 lo ha premiato con il Gary McQuaid Award, premio della National Alumni Association assegnato per i successi nel mondo del business.

DiBenedetto-As Roma, c’è l’accordo ma slitta la firma

 Da La Gazzetta dello Sport:

C’è l’accordo, ma non c’è ancora la firma. «E non arriverà in questa settimana» , annuncia il vicedirettore generale di UniCredit Paolo Fiorentino alle 22.15, uscito dallo studio legale Grimaldi. In estrema sintesi, è il risultato di un’altra giornata di trattative con Thomas DiBenedetto: le parti hanno trovato l’accordo su tutto, ma hanno bisogno di un ulteriore tempo supplementare. «Non stiamo trattando sul prezzo. L’accordo sulla parte economica c’è ed è ben saldo» , specifica ancora Fiorentino. DiBenedetto esce e fa l’ «ok» con la mano.

Roma, DiBenedetto scalpita: vuole presentarsi

 Da Il Corriere dello Sport:

Di Benedetto è un fantasma. Gli americani sono scappati. Gli americani non hanno un euro. Alla fine la Roma la prenderà Angelucci. E via di questo passo. Fossero vere le notizie diffuse, negli ultimi giorni, dai velinari di professione, ci sarebbe da preoccuparsi per il futuro del la Roma. Perché gli stessi velinari forse non hanno ben presente la si­tuazione economica della società giallorossa. Che definire ai limiti del collasso, è nei numeri dell’ultima se mestrale, previsione annuale com presa che certifica un meno trentacinque milioni, in somma non c’è da in ventarsi nulla.
ACCORDO
– La realtà è un po’ diversa. Come, anche ieri, ha fatto filtrare Unicredit che da settimane è in trat tativa per la cessione del pacchetto di mag gioranza della società giallorossa. Cioè sia mo agli sgoccioli di un accordo che, nella sua sostanza, tra l’al tro, è stato trovato da tempo. I prossimi set te- dieci giorni ci da ranno le risposte definitive. E secon do sempre quello che fa capire l’Isti tuto bancario di piazza Cordusio, le risposte saranno che la Roma avrà una nuova proprietà, il gruppo ame ricano capitanato da mister Tom Di-Benedetto, altri tre soci (per ora), Pallotta, D’Amore e Rouane, che ac quisiranno la società giallorossa per una cifra intorno ai centodieci milio i di euro (di cui 77 per il 67%), il re sto tra Opa e riacquisto di Trigoria e marchio che la gestione virtuosa, ne gli anni scorsi, aveva pensato bene dicedere per fare cassa.

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