Toni: “Sogno una festa al Circo Massimo”

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 Luca Toni, intervistato da Il Messaggero ha parlato di Roma, della Roma e non solo:

L’infortunio al polpaccio ha rovinato i suoi piani di rivincita. Un imprevisto che è anche una novità: è vero che, nella sua carriera, non si era mai fermato per un problema muscolare?
«Mai. Solo caviglie e tendini. E normali contusioni. Gli stiramenti proprio non li conoscevo. Ormai è andata…».
Ha spiegato tra l’altro che il freddo, venendo dalla Baviera e dalla Bundesliga, non c’entra niente.
«Sì, è così. Ma in questi giorni ci ho riflettuto e forse il clima di Torino può aver inciso. In Germania i campi sono riscaldati, quello dell’Olimpico, la sera di Juve-Roma, era ghiacciato e al tempo stesso molle. Quindi, brutto».
Era arrivato alla Roma per riabilitarsi in fretta, per ritrovare i gol e la nazionale, per cancellare il lungo periodo da emarginato al Bayern. Aveva solo quattro mesi e mezzo per riuscirci e invece, per l’infortunio, ora ha a disposizione meno tempo. Può ancora farcela a riprendersi tutto?
«Se prima dovevo andare a mille all’ora, vorrà dire che correrò più forte. Andrò a duemila… La voglia è la stessa di qualche settimana fa, anzi di più».
Può rivelare il suo primo obiettivo in questa mezza stagione da romanista?
«Sono qui per vincere qualcosa. Subito. Ho detto che vado di fretta, no? L’appuntamento è al Circo Massimo, lo voglio rivedere pieno».
E’ andato a vederlo, nei suoi giri da romano?
«Ci sono passato e non l’ho riconosciuto. Ero in macchina con Daniele, me lo ha indicato lui. L’avevo vissuto con migliaia di persone la sera della festa per il mondiale e senza gente non capivo che ero di nuovo lì».
Sta cominciando a prendere confidenza con la città?
«Bellissima, ma il traffico mi spiazza. Mi muovo la sera, vado a cena in centro con i compagni. De Rossi, Brighi, Andreolli. E quando mi aspettano in un ristorante, mi affido al navigatore. Passo spesso dal Colosseo, mi piace l’impatto di Piazza Venezia. Al ritorno finisco sempre al Vaticano, non so perché. Piazza San Pietro è splendida».
E con il suo amico Totti, nemmeno un’uscita?
«Ho appena preso casa all’Eur, quando ero alla Lodigiani abitavo a Grottaferrata, dodici anni fa, già con Marta. Io e Francesco siamo vicini, ci dobbiamo organizzare. Non riusciamo proprio a far coppia…».
Soprattutto in campo.
«Scherziamo tra noi. Siamo convinti che ce l’abbiano tirata. Fuori prima uno, poi l’altro. Ma ci siamo, quasi. E ci divertiremo tutti. Con uno come lui, un fuoriclasse, è facile. Ha l’assist nel piede e ti porta via l’avversario».
Della Roma conosce tanti giocatori: compagni d’azzurro e quelli incrociati da avversario. Qualcuno che ha scoperto a Trigoria e del quale sapeva meno?
«Altri campioni. Pizarro, in assoluto. Juan che non pensavo così forte. Vucinic che non ha solo i colpi dell’attaccante: con lui mi trovo alla grande».
E Ranieri?
«Un martello. Chiede concentrazione sempre. A cominciare dall’allenamento. Si fa sentire, urla. Perché non vuole troppo entusiasmo, sa che in una settimana si può buttare il lavoro di mesi. Guardate il Milan, in quella scorsa… Poi, da romano, ha anche la battuta. Punta sull’equilibrio e sulla compattezza. Ha costruito una squadra solida».
Quando lei ha firmato, la Roma era quarta. Ora è seconda. Si aspettava di entrare in una squadra così competitiva?
«Doveva solo riprendersi dal cambio di allenatore che può creare traumi. Ma il gruppo c’è, trascinato dai romani Totti e De Rossi che conoscono gli umori della gente. Ma qui ci sono compagni fantastici. Appena sono entrato nello spogliatoio, mi sono sentito subito a casa».
Pentito di essere arrivato troppo tardi?
«Non potevo presentarmi prima. Il Bayern in estate non mi lasciava andare. E i dirigenti tedeschi sono stati eccezionali, mi hanno aiutato in tutti i modi, rinunciando a tanti soldi. A loro sarò sempre riconoscente».
Perché la Roma di Ranieri e non l’Inter di Mourinho?
«Ho scelto io. Anche chi mi sta accanto preferiva questa squadra. Resta la soluzione migliore. Se in questi mesi tutto andrà bene e la Roma mi confermerà, a fine stagione andremo dai dirigenti dal Bayer, ci metteremo seduti e troveremo l’intesa che fa contenti tutti».
Che cosa le manca di Monaco?
«Il contatto con le famiglie, con i bambini: potevano entrare agli allenamenti. Ti rilassa, anche il giorno della partita. Fa bene a noi e ai ragazzi che vogliono avvicinarsi a questo sport. Sento spesso Ribery, un amico e un campione. Gli parlo in dialetto emiliano, mi risponde in francese o italiano».
Domenica sera la Roma gioca a Firenze.
«E’ la città dove ho raggiunto il top. I miei due anni migliori, vincendo, primo italiano in assoluto, la Scarpa d’oro. Con Prandelli sono stato bene, ho un bel rapporto con i Della Valle: mi hanno chiamato, quando non giocavo a Bayern, mi sono stati vicini. La svolta della carriera però a Palermo: sono arrivato in azzurro».
Già, la nazionale: punta sempre al mondiale?
«Se sto bene, perché non dovrei? Lippi mi ha sempre chiamato. Alla Confederations mi presentai non al meglio, per un tendine. Non mi ero allenato con il Bayern, ma avevo sempre giocato, nonostante l’infortunio».
Meglio Toni di Amauri?
«Se sceglie l’Italia perché il Brasile non lo chiama, non è giusto che sia lui il centravanti. E comunque nel nostro campionato ci sono tanti attaccanti bravi, anche quelli che non giocano nella Juve, nel Milan o nell’Inter. Se sta in forma Amauri, andrà… Io, comunque, ci provo. E indirettamente Lippi mi ha fatto sapere che mi seguirà».
Tornando alla Fiorentina: il suo parere sull’ingenuità commessa da Mutu?
«Inspiegabile. Incredibile. Lui non ha certo bisogno di dimagrire e mi chiedo come mai ha preso quel farmaco. Io gli credo, ma è da stupidi rovinarsi così. Sappiamo che ci sono i controlli, non dobbiamo prendere niente. E’ come andare a centocinquanta all’ora contro un muro: puoi anche salvarti, ma rischi tantissimo di farti male. Io ho l’ansia, invece. Paura che qualcuno ti butti qualcosa dentro una bibita».
Scusi, un’ultima cosa: parlare di scudetto è fuori luogo?
«Forse è tardi, l’Inter è forte, ha un bel distacco. Noi giochiamo per il secondo posto che è alla nostra portata e pensiamo alle due coppe. I nerazzurri hanno la mentalità giusta, vincente, sono i migliori… Anche noi, però, siamo forti. Crediamoci».


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