9 luglio – 19 dicembre: l’incerta parabola di Adriano a Roma

 Adriano e la Roma, si torna a volare. Sembra essere terminato il periodo nero del brasiliano nella Capitale dopo la buona e vincente prova di Milano. Il prologo di questa tormentata storia si svolge a Rio, durante la scorsa primavera. Adriano gioca al Flamengo, segna, si diverte e porta la squadra rubronegra ad una storica vittoria nel brasilerao 2010. Al Maracanà viene invocato il suo nome come quello di un dio, ma non basta; all'”Imperatore” manca il palcoscenico europeo, le sfide che contano, il calcio che lo ha reso grande. Iniziano i contatti con la Roma, le voci di mercato, i rumors sulle discutibili conoscenze del giocatore, ed alla fine lo sbarco a Fiumicino, il 5 luglio 2010 (con un giorno di ritardo sulla tabella di marcia). 

L’avversario di Champions: lo Shaktar Donetsk

 Dal sito LaSignoraInGiallorosso.it:

Si sono sentite urla di gioia e tappi di bottiglie che volavano dalle finestre in tutta Roma nella mattinata del 17 dicembre scorso dopo il sorteggio della Champions League. Dall’urna di Nyon è uscito lo Shakhtar Donetsk prossimo avversario dei capitolini negli ottavi di finale (16 febbraio in casa e 8 marzo in trasferta). La compagine ucraina evidentemente non ha la caratura tecnica o il blasone di un Barcellona stellare o di un granitico Chelsea, ma sarebbe deleterio pensare di affrontarla come se si trattasse di una squadra materasso. Per questo appaiono esagerati certi commenti entusiastici sull’esito del sorteggio. La squadra della città di Donetsk infatti negli ultimi anni ha letteralmente dominato il campionato dell’ex repubblica sovietica.

Roma, Ranieri e quattro mesi di fuoco: visto Moratti con Benitez?

 PER CAPIRE. Si immagini uno come Mourinho presentarsi per mesi in conferenza stampa con un mazzo di fiori per ciascun giornalista. Spettatori sconvolti, ne morirebbero gli stessi giornalisti. Forse appassirebbero seduta stante pure i fiori. Per questo, volenti o nolenti, alcune constatazioni spiazzano proprio mentre irrompono con veemenza. D’improvviso, il vento è cambiato. Da alter ego di una mentalità diametralmente opposta – alla Mourinho, diremmo per intenderci – Claudio Ranieri si è di punto in bianco trasformato. Non più il volto della serenità, non più l’emblema di un modo pacato e signorile di intendere il calcio e affrontare ciò che gli gravita intorno ma la trasposizione di maniere “crude e gagliarde”. Nei confronti della squadra, nei confronti della stampa. Rispetto ad accuse e critiche, continua a esserci, da parte del testaccino, una necessità non sempre comprensibile di difendersi, fuori dal rettangolo di gioco, attaccando. Mentre in campo, la rosa sembra dover seguire alla lettera un dogma: quello di badare alla fase di retroguardia prima ancora che a quella offensiva. Ossimori. Solo nei confronti dei tifosi, per i quali le parole spese dal tecnico giallorosso non hanno mai peccato di mancanza d’affetto e riconoscenza, il romano ha saputo conservare coerenza rispetto alle vecchie maniere.

CONTESTO. Non è la cavalcata inattacabile sotto ogni punto di vista della passata stagione, semmai un periodo di complessità più o meno marcate ed evidenti: la Roma di inizio campionato sembrava un gruppo a pezzi e da ricostruire. Si è parlato, allorchè i risultati non arrivavano, della mancanza di motivazioni, di una preparazione atletica criticabile, di non-gioco: il campo mostrava calciatori fiacchi mentalmente e stanchi fisicamente. In quattr’e quattro otto, il clima da “famiglia allargata” di Riscone di Brunico – con una fetta cospicua di tifosi al seguito (quale altro tifo può vantare un credito simile nei confronti dei calciatori che ne rappresentano il club?) è parso sfaldarsi. Ha inciso la confusione di una società parsa tale, troppe volte, solo sulla carta: di fatto, il periodo lunghissimo del passaggio di consegne dalla famiglia Sensi al fantomatico prossimo presidente non è indolore e ha prodotto momenti di evidente confusione. Gli strascichi di un mercato nel complesso più che sufficiente ma sempre risicato e centellinato a causa di impedimenti oggettivi (no money, no fenomeni) si sono affievoliti solo quando Unicredit ha garantito il lasciapassare per mettere le mani sul cartellino di Marco Borriello. Neppure la banca, tuttavia, ha potuto risolvere le situazioni di criticità contrattuali di alcune pedine della squadra (Mexes su tutti) e dello stesso Ranieri. Il testaccino andrà in scadenza la prossima estate e, nonostante le migliaia di garanzie ricevute da Rosella Sensi in merito al rinnovo, non ha ancora prolungato. E non certo per volontà sua.

PRIME VOCI. Dati di fatto: Ranieri cambia modo di approcciarsi a situazione e persone in corso d’opera. Scelta ponderata? Cominciamo con la realtà oggettiva che aiuta ad avere il quadro: a montare malumore e preoccupazione nel testaccino, quindi, c’è evidentemente il continuo procrastinarsi dei termini di accordo con il club per rinsaldare patto e rapporto. “Basta una stretta di mano”; “ci si vede presto”; “nessun problema”; “mi basta la parola”. Che non sia proprio come la facciata lascerebbe intendere, tuttavia, lo si capisce con il passare dei giorni, la carenza di risultati, le prime voci a infiammare l’ambiente già tossico. Caratteri cubitali di una stampa che non fa nulla di più e nulla di meno rispetto al solito: raccoglie tasselli e li mette in fila. Ricostruzioni da ottobre 2010: “Lippi in arrivo”; “Sondaggio per Ancelotti”; “Ranieri rischia l’esonero”; “Domenica decisiva per il testaccino”. Soprattutto l’ultimo, è un titolo letto con cadenza frequente: più di un appello, per l’allenatore, che ha vissuto con l’ombra di un nuovo tecnico per un mese abbondante.

Ranieri e l’anno che verrà

 Dal Romanista:

«E’ stato un 2010 bello, entusiasmante. Lo ricorderò sempre con grande piacere». Così Claudio Ranieri definisce l’anno che, calcisticamente parlando, è già terminato. Dodici mesi fatti di tanti alti e pochi bassi. Trecentosessantacinque giorni scanditi da grandi imprese e poche ma cocenti (vedi la partita con la Samp) delusioni. Il tecnico giallorosso ha raccontato il 2010 della sua squadra in una lunga intervista andata in onda su Mediaset Premium, ma il pensiero è al 2011 che sta per arrivare. Un anno in cui la Roma, è questa la speranza del tecnico giallorosso, può finalmente portare a casa un titolo che ormai manca da tanto, troppo, tempo. «Per il 2011 vogliamo migliorare il 2010 che è stato un anno bellissimo per la Roma. Speriamo che il 2011 sia ancora più bello e più importante per tutti quanti noi tifosi e addetti ai lavori della Roma».

Adriano torna a casa

 Come scrive globoesporte.com ogni Imperatore ha il suo regno. La maggior parte preferisce terre con castelli pieni di oro, tappeti rossi e servi. Dall´alto della sua gerarchia, guarda tutti dall´alto in basso, e non vuole mischiarsi con la plebe. Ma ´è anche un Imperatore che ha deciso di scendere in mezzo alla sua gente quella dove è nato ed è cresciuto, sotto i 35 gradi di Rio de Janeiro con tanto di rabada al sugo ( la nostra coda alla vaccinara) cucinata da dona Natalicia.

Chierico: “La Roma con lo Shaktar può passare il turno”

 Ecco le parole di Odoacre Chierico a vox populi romani:

La Roma“La Roma si è prepotentemente riproposta all’attenzione del campionato dopo la vittoria di San Siro contro il Milan. Il risultato di Milano è stato anche figlio della buona sorte, poiché analizzando bene la gara il pareggio era forse il risultato più giusto. La distanza dai rossoneri è sempre di 7 punti, ma questo risultato consente alla Roma di tornare dopo la sosta con un altro piglio.”

Addio Bearzot: con quella pipa fumavi saggezza…

 Da LaSignoraInGiallorosso.it:

Da un poderetto al podio più alto di un Mondiale servito a fare gli italiani ancor più di quanto siano stati capaci politica e tivvù. Emblema di un’esistenza vissuta in costante crescendo, la carta di identità: nascere ad Aiello del Friuli, spegnersi a Milano. Enzo Bearzot lo hanno raccontato, lo raccontano e lo racconteranno ancora pozzi di conoscenze specifiche che hanno avuto piacere e fortuna di condividere, col grande vecio, se non aneddoti e circostanze, quantomeno contesto e generazione. Passato a miglior vita da poche ore, per Bearzot si sono già spesi migliaia di grazie. Prima di notte saranno milioni. Per i modi, per la classe, per lo stile e l’eleganza di chi non ha mai sbagliato tempistiche e modalità. Fugge via la vita di chi ha potuto vivere a lungo e con pienezza: si è spento alla dignitosa età di 83 primavere accumulate. Ferro e temperanza, si dice del Friuli: sta per concretezza, sta per pragmatismo. Terra di confine in cui si impara a crescere con ordine e rispetto: quello di un’umanità con caratteri distinti ma pure – aiuta, aiuta – quella di una delimitazione geografica che suggerisce di assimilare il messaggio. Stare al proprio posto, un piede a oriente sta la Slovenia, un piede più in alto e finisci in Austria. Dall’alto a destra, poi, guardi di sotto: visuale di tutto privilegio per decidere in fretta. Restare, partire. Temprati e fieri, per molti restare è un dovere. Qualcuno, in verità, partì. Ma partì col Friuli nell’epidermide.

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