Unicredit non cambia la sua posizione, Italpetroli è in difficoltà

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Se due anni fa Rosella Sensi avesse venduto l’As Roma al George Soros Fund e alla Inner Circle Sports per 283 mln di euro, forse oggi dormirebbe sogni tranquilli. Invece quel 18 aprile 2008 decise di tenersi la “Magica” e adesso la situazione è diventata drammatica. In questi due anni una posizione debitoria già difficile è diventata praticamente insostenibile.
Italpetroli, la holding che controlla la società giallorossa ha un debito di quasi 400 mln di euro, la maggior parte dei quali nei confronti dell’azionista Unicredit (socio al 49%).  “Speriamo che si raggiunga un accordo, i legali ci stanno lavorando”, ha detto oggi il vice a.d. di Unicredit Paolo Fiorentino. E gli avvocati delle parti si incontreranno domani nuovamente per tentare di raggiungere la conciliazione. Ma al momento non esiste alcuna trattativa. Unicredit resta ferma sulle sue posizioni.
D’altra parte la banca di Piazza Cordusio non riceve un euro da quattro anni ed è ormai arrivato il momento di mantenere ferma la propria posizione: struttura e prezzo dell’operazione non si cambiano. Restano quelli presentati da settimane ai legali rappresentanti della famiglia Sensi. E se da un lato la struttura dell’accordo prevede sin dall’inizio il passaggio di tutti gli asset di Italpetroli (depositi petroliferi, terreni di Torrevecchia e As Roma, tra gli altri) dalla holding alla banca, il prezzo dell’accordo non è da stabilire. Quello che resta da definire sono i dettagli sulla valutazione degli immobili che dovranno rimanere alla famiglia Sensi. Inizialmente la richiesta è stata di 11 immobili. In un secondo momento si è scesi a sette con una valutazione complessiva degli asset che la famiglia Sensi vorrebbe mantenere vicina ai 100 mln di euro.
Una posizione difficile da giustificare per chi deve coprire un debito da 400 mln. Come se si potesse decidere di scambiare un debito con un credito. Unicredit, dopo quattro anni di pagamenti inevasi, di citazioni in Tribunale, di attacchi mediatici, di botta e risposta, resta irremovibile sulle sue posizioni: non si tratta di concedere asset o meno, si tratta semplicemente di rientrare di un ingente passivo e di farlo siglando un contratto che metta una pietra tombale su tutta la questione.
E l’offerta di beni da lasciare a Italpetroli al massimo può prevedere un valore complessivo di 20 milioni. Su questo non si tratta. Come non si tratta sul possibile periodo di transizione che potrebbe coinvolgere la As Roma, qualora dovesse passare nelle mani di Unicredit che non è interessata alla gestione del club, ma soltanto a mettere l’asset, insieme agli altri, all’interno di un “paniere” da consegnare ad un advisor per la cessione al migliore offerente. Non cambierà la gestione della As Roma che deve continuare il suo corso, anche se con una presidenza diversa. Sembra infatti fantasiosa l’ipotesi che Rosella Sensi possa rimanere al vertice della società, magari con uno stipendio da manager.
Per poter valorizzare l’asset e rilanciare la squadra attraverso degli investimenti si potrebbe pensare ad una governance maggiormente snella rispetto a quella attuale con un presidente di garanzia di impatto mediatico e un Cda di pochi componenti per sveltirne le decisioni.

 Da Milano Finanza Dow -Jones:

Se due anni fa Rosella Sensi avesse venduto l’As Roma al George Soros Fund e alla Inner Circle Sports per 283 mln di euro, forse oggi dormirebbe sogni tranquilli. Invece quel 18 aprile 2008 decise di tenersi la “Magica” e adesso la situazione è diventata drammatica. In questi due anni una posizione debitoria già difficile è diventata praticamente insostenibile. Italpetroli, la holding che controlla la società giallorossa ha un debito di quasi 400 mln di euro, la maggior parte dei quali nei confronti dell’azionista Unicredit (socio al 49%). “Speriamo che si raggiunga un accordo, i legali ci stanno lavorando”, ha detto oggi il vice a.d. di Unicredit Paolo Fiorentino. E gli avvocati delle parti si incontreranno domani nuovamente per tentare di raggiungere la conciliazione. Ma al momento non esiste alcuna trattativa. Unicredit resta ferma sulle sue posizioni.

D’altra parte la banca di Piazza Cordusio non riceve un euro da quattro anni ed è ormai arrivato il momento di mantenere ferma la propria posizione: struttura e prezzo dell’operazione non si cambiano. Restano quelli presentati da settimane ai legali rappresentanti della famiglia Sensi. E se da un lato la struttura dell’accordo prevede sin dall’inizio il passaggio di tutti gli asset di Italpetroli (depositi petroliferi, terreni di Torrevecchia e As Roma, tra gli altri) dalla holding alla banca, il prezzo dell’accordo non è da stabilire. Quello che resta da definire sono i dettagli sulla valutazione degli immobili che dovranno rimanere alla famiglia Sensi. Inizialmente la richiesta è stata di 11 immobili. In un secondo momento si è scesi a sette con una valutazione complessiva degli asset che la famiglia Sensi vorrebbe mantenere vicina ai 100 mln di euro.
Una posizione difficile da giustificare per chi deve coprire un debito da 400 mln. Come se si potesse decidere di scambiare un debito con un credito. Unicredit, dopo quattro anni di pagamenti inevasi, di citazioni in Tribunale, di attacchi mediatici, di botta e risposta, resta irremovibile sulle sue posizioni: non si tratta di concedere asset o meno, si tratta semplicemente di rientrare di un ingente passivo e di farlo siglando un contratto che metta una pietra tombale su tutta la questione.
E l’offerta di beni da lasciare a Italpetroli al massimo può prevedere un valore complessivo di 20 milioni. Su questo non si tratta. Come non si tratta sul possibile periodo di transizione che potrebbe coinvolgere la As Roma, qualora dovesse passare nelle mani di Unicredit che non è interessata alla gestione del club, ma soltanto a mettere l’asset, insieme agli altri, all’interno di un “paniere” da consegnare ad un advisor per la cessione al migliore offerente. Non cambierà la gestione della As Roma che deve continuare il suo corso, anche se con una presidenza diversa. Sembra infatti fantasiosa l’ipotesi che Rosella Sensi possa rimanere al vertice della società, magari con uno stipendio da manager.
Per poter valorizzare l’asset e rilanciare la squadra attraverso degli investimenti si potrebbe pensare ad una governance maggiormente snella rispetto a quella attuale con un presidente di garanzia di impatto mediatico e un Cda di pochi componenti per sveltirne le decisioni.

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