Dalla Gazzetta dello Sport:
C’è una frase che ha messo all’angolo Rosella Sensi, lasciandola per la prima volta senza via d’uscita: «Non idonei ad esprimere un giudizio». Così sindaci e revisori dei conti della Bdo hanno concluso la propria relazione tecnica sul bilancio 2009 della Italpetroli, che andrebbe approvato entro il 30 giugno. Il giudizio è sospeso finché non verrà trovato l’accordo con UniCredit, azionista al 49% e principale creditore del gruppo. E l’accordo — passaggio alla banca del restante 51%, con tutti gli asset, compresa la Roma — stavolta è la condizione essenziale per dare l’ok al bilancio.
Senza, la continuità aziendale di Italpetroli — gravata di debiti per oltre 400 milioni di euro — non può più essere garantita. Cessione vicina Con questa premessa, ieri mattina Rosella Sensi ha incontrato Piergiorgio Peluso, a.d. di UniCredit Corporate banking, di fatto il numero 3 dell’istituto di credito.
Senza, la continuità aziendale di Italpetroli — gravata di debiti per oltre 400 milioni di euro — non può più essere garantita. Cessione vicina Con questa premessa, ieri mattina Rosella Sensi ha incontrato Piergiorgio Peluso, a.d. di UniCredit Corporate banking, di fatto il numero 3 dell’istituto di credito.
MF Dow Jones:
“Un pensiero. Un pensiero, sì, lo farei“. Il pensiero si chiama A.S. ROMA e nella mente di Pietro Mezzaroma si sta riaffacciando, insieme al progetto per il nuovo stadio. Lo affida ad Asromalive.com, mentre il figlio Massimo, presidente della Roma Volley, nonché tifoso doc, frena lo slancio del padre: “Se mi regalasse la Roma lo farei internare!“. Ma allo stesso tempo lancia un appello: “Se ci fosse un progetto che coinvolgesse un pool di imprenditori e se questo progetto, oltre a salvare la società, fosse utile a svegliare dal sonno questa città, allora sì, mi attiverei domani mattina“. Nello studio del commendator Mezzaroma volano gli aeroplanini del nipotino, due anni, stesso nome del nonno: “Può fare un’intervista a tre generazioni“, ci dice l’ex socio di Franco Sensi. La libreria è invasa da pupazzi di Walt Disney. Hanno tutto l’aspetto dei sogni. Quelli da bambino e quelli “da grande“. Forse in mezzo c’è anche la società di Trigoria. “I pupazzi li ho messi insieme nel tempo, per regalarli un giorno a mio nipote. Ora sto facendo fare una bacheca per il piccolo Pietro. In quella bacheca c’è il lato bambino del nonno. Non ho avuto un’infanzia normale. Ho iniziato a lavorare a nove anni. Quando vennero gli americani a Roma, smisi di andare a scuola e andai a lavorare in uno stabilimento di falegnameria. Prendevo cinque lire a settimana. Le portavo a casa perchè servivano ai miei genitori“.
