Marco Cassetti in condizione di forma stratosferica serve eccome, alla Roma costruita a immagine e somiglianza di Claudio Ranieri. Di gregari e campioni. L’ex leccese, motorino di fascia (a volte più avanzato, altre ancora costretto alla fase difensiva) di Luciano Spalletti, è tornato a riprendersi la sua postazione con picchi di 7.5 in pagella nel corso dell’ultima gara giallorossa contro l’Inter. “Se la vede con Zanetti ed Eto’o: non sbanda mai. Anzi, quando può si riversa anche in attacco. Prestazione solida“. Aveva di fronte la corazzata peggiore: Zanetti è uno che non perde mai palla; Eto’o punge, fa male e t’avvelena come gli scorpioni. Nessuno meglio del 77 della Roma, che si è spartito la palma del migliore in campo con Daniele De Rossi e David Pizarro. Francesco Totti, nellla circostanza, era in panchina. E Totti, con la storia di Cassetti, centra anche lui pure se di mezzo non c’è il poker e non ci sono le carte (passione condivisa da entrambi).
IL GIOCO DEL CALCIO. Sotto un manto giallorosso, in una sera col cielo in blu jeans scopri che il gioco del calcio vive di attimi e sfaccettature, intuizioni e dettagli, istinto e profonda razionalità. Ma non solo. Tra uno sventolio di bandiere da immaginartele in perpetuo movimento per tutta la vita e male alle mascelle per quanto hai accompagnato con il movimento facciale ciascuno di quei lunghissimi minuti di cui si compone l’incontro, capisci che il gioco del calcio è un dolore a tal punto viscerale da darti accesso, di contro, alle gioie più impenetrabili. Per natura propria, si compone di marchiani errori, lineari fraseggi e tocchi partoriti da nicchie di eccellenti.