Lazio, tempi moderni: storia dell’Aquila che s’è scoperta un pollo

di Redazione Commenta


 Bastano pochi numeri per rendere di per sè significativa ed emblematica la storia di una stagione – quella del 2009/10 – da dimenticare. L’annata della  S.S. Lazio è ben lontana dall’espressione di quel che lo stesso simbolo del club sta a significare. Un’Aquila e due colori: il bianco e l’azzurro. L’effige del rapace richiama il simbolo glorioso del Grande Impero Romano, le tinte sociali vennero scelte in onore della Grecia, patria dello sport e dei Giochi olimpici (1896, anno della prima Olimpiade dei tempi moderni). Invece, oltre all’esclusione repentina dall’Europa League che è durata il tempo di un passaggio dall’autunno all’inverno, il campionato in corso ha sfornato solo amarezze. Quintultima in classifica con 37 punti, la retrocessione sta sotto di 6. 8 vittorie a fronte di 12 sconfitte e 13 pareggi.

31 gol fatti e 36 subiti, contestazione dei tifosi fin dalle prime giornate, gli spinosi casi contrattuali e giudiziari di De Silvestri prima, Pandev e Ledesma poi. L’esonero di Davide Ballardini per Edy Reja, le evidenti delusioni di patron Claudio Lotito e, ad appesantire il bilancio, la sconfitta contro la Roma nel corso del derby di andata. Prendendo in prestito l’opera di Anthony De Mello, viene da dire che la curva Nord dell’Olimpico, finora, ha dovuto piegarsi a vivere la storia dell’Aquila che s’è scoperta un pollo. Altro che voli a planare: solo qualche movimento d’ala che non consente di coprire la lunga distanza.


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