Euro 2016: il declino dell’Italia, anche la Turchia ha maggiore credito

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Ancora una delusione, ancora un fallimento. Il calcio italiano scrive un’altra pagina amara della sua decadente storia con la mancata assegnazione degli Europei 2016. Una sconfitta forse ancora più grave di quella del 2012 (quando a soffiare l’organizzazione della rassegna furono le sfavoritissime Ucraina e Polonia), soprattutto se si considera il maggior punteggio ottenuto dalla Turchia (38 punti contro i 43 dei francesi e i soli 23 dell’Italia). Quattro anni fa i turchi nella votazione finale furono eliminati alla prima sessione: in quattro anni, per affidabilità e credito, siamo stati sorpassati anche da loro. Nonostante siamo Campioni del Mondo in carica, nonostante la vittoria dell’Inter in Champions League, nonostante la serie A continui ad avere un seguito maggiore rispetto ai campionati delle rivali Francia e Turchia, l’organizzazione del Belpaese e la stesione del progetto hanno fatto storcere il naso ai Commissari Uefa, tanto da indurli a relegare il nostro Paese alla periferia del panorama calcistico europeo.

Per gli addetti ai lavori, in realtà, la sorpresa è relativa: già dai primi giudizi espressi dalla Uefa si era capito che la strada per l’Italia era in salita, così come si intuiva la possibilità di una migliore posizione della Turchia (vd. articolo), da molti (a torto) considerata la Cenerentola del gruppo delle possibili ospitanti.

La mancata assegnazione della kermesse potrebbe avere effetti devastanti sul calcio italiano, già alle prese con i ben noti problemi di ranking nei confronti della Germania. L’Europeo poteva rappresentare una ghiotta occasione per dare linfa agli obsoleti impianti italiani e rilanciare la sfida a Inghilterra, Germania e Spagna; invece sarà ora la Francia ad avere la possibilità di insidiare l’Italia nell’ideale quarto posto delle potenze calcistiche europee, grazie a progetti e lavori che rivitalizzeranno gli stadi transalpini (uno dei punti deboli più penalizzanti per la crescita del movimento calcio francese).

Numerosi i fattori che hanno affondato i sogni europei della nostra Figc, ma la nota dolente, in particolare, è stata quella degli stadi, come sottolineato dalle rimostranze fatte dalla Uefa rispetto al dossier presentato dalla stessa Federazione.

IL PROBLEMA DEGLI STADI.

Quella degli stadi, in base al parametro Uefa, è la voce che assegna il coefficiente più alto e, neanche a dirlo, l’Italia è stato il paese che ha ottenuto la valutazione più modesta (sufficiente, contro il buono della Francia e l’ottimo/eccellente della Turchia).

Il dossier italiano prevedeva un investimento di 740 milioni di euro (contro il miliardo e 700 milioni della Francia e il miliardo della Turchia) da utilizzare per la ristrutturazione di otto impianti (di questi, il Meazza di Milano avrebbe richiesto l’esborso meno dispendioso) e la costruzione ex novo di tre stadi. L’Olimpico di Roma, designato come stadio della ipotetica finale, sarebbe stato da perfezionare con piccoli lavori. Molti i problemi che la relazione non è riuscita a mascherare: gli impianti da ristrutturare con interventi particolarmente imponenti (San Nicola di Bari, Dino Manuzzi di Cesena, Artemio Franchi di Firenze, San Paolo di Napoli, Ennio Tardini di Parma, Friuli di Udinese e Bentegodi di Verona) presentano limiti talmente evidenti che, pur con i lavori previsti, non avrebbero garantito i livelli di standard qualitativo richiesti dalla Uefa, soprattutto in termini di posti a sedere e confort degli spettatori. Negli stadi da costruire ex novo (Sant’Elia di Cagliari, Renzo Barbera di Palermo e Juventus Arena di Torino) non erano soddisfacenti i requisiti delle aree tecniche e i servizi previsti per i mezzi di comunicazione. Come se non bastasse, molti degli stadi prescelti dalla nostra Federazione non dispongono di spazi sufficienti intorno all’impianto per i villaggi ospitalità e per i parcheggi al servizio degli utenti. Ma oltre con i limiti delle strutture preesistenti, il dossier italiano ha dovuto fare i conti anche con errori di esposizione e calcolo: i costi previsti per la costruzione di un nuovo stadio (non viene specificato quale dalla relazione Uefa) è stato definito ‘irrealisticamente troppo basso’ e nel calcolo della capienza dello stadio Olimpico di Roma non è stata considerata la riduzione della stessa richiesta dalla Uefa per rendere possibile una visione ottimale delle partite, sia per gli spettatori, sia per i telespettatori.

Insomma, un vero e proprio pasticcio, l’ennesimo, confezionato dai gestori del nostro sistema calcio, ancora una volta caduti miseramente nel passaggio dalla fumosità dei proclami alla concretezza dei fatti.

Massimiliano Rossi


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