Totti sempre provocato

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 Dal Romanista:

La redazione de Il Romanista sta a Francesco Totti come la Vieille Garde stava a Napoleone Bonaparte, magari muore, ma non si arrende nel difendere il capitano. E’ per questo che l’incarico di mettere assieme un piccolo promemoria dei torti subiti da Totti mi è stato dato, se non con ritrosia con qualche mugugno. Non ho la fama del “tottiano”, ma francamente il compito non mi sembra dei più ardui. Ritengo però opportuno partire dagli episodi più esilaranti dell’attacco “al cuore” della Roma registrati fuori dal campo, che a mio avviso sono assolutamente indispensabili per comprendere quello che avviene sul rettangolo di gioco. A questo proposito, anche se non mi piace molto parlare della Nazionale, non sono mai riuscito a scordare il 2002, quando venne scritto che Totti, durante il mondiale nippo-coreano era stato distratto da Ilary Blasi che di notte scavalcava le recinzioni dell’albergo per introdursi furtiva nella stanza del suo futuro sposo. Totti, con l’ironia che l’ha sempre accompagnato, fece notare che Ilary non era l’Uomo ragno, ma fece anche capire che desiderava che le incursioni nella sua vita privata cessassero quanto prima. 

Ma a lui, evidentemente, una vita privata non è concessa, come non è concesso di esprimere opinioni. Quando nell’aprile 2008, tra l’altro a sua insaputa, il suo volto finì su un manifesto elettorale di Francesco Rutelli, il Presidente Silvio Berlusconi, chiudendo la campagna elettorale al Colosseo ebbe modo di osservare: «Quando uno non ci sta con la testa…non ci sta», per poi aggiungere l’indomani che Totti era un «grande campione e gli voglio bene». Totti dunque deve essere trasparente e invisibile, persino in campo. Nel 2006 l’Indipendent si lamentò che nel match contro l’Australia Francesco avesse: «approfittato del rigore regalato dall’arbitro». E giù via con la storia dell’italiano furbetto, di De Coubertin che si rivolta nella tomba eccetera, eccetera. La parata dell’incredibile ma vero non ha fine e sconfina nel regno del paranormale. Nel gennaio 2005, Paolo Di Canio, atleta che nella sua carriera ha militato in dieci squadre (Ternana, Lazio, Juventus, Milan, Napoli, Celtic, Sheffield, West Ham, Charlton e Cisco Roma) accusò Totti di non essere una bandiera: «Io – dichiarò l’ex bianco-celeste – quando sono venuto alla Lazio, ho pagato per venire, ma ho acquistato in felicità. E non ho mai chiesto niente, perché il semplice fatto di giocare con la maglia della Lazio, per me, è il massimo della vita. Se la Lazio fosse retrocessa o fosse fallita, per me sarebbe rimasta lo stesso la cosa più bella del mondo. Per qualcun altro, evidentemente, la sua squadra non è così importante (…)».

La realtà è che il delirio fuori dal campo si trasferisce nel delirio in campo e nessuno ha voglia di guardare i numeri. In carriera, di fronte alle centinaia di “aggressioni fisiche” e verbali, subite nei campi di tutto il mondo, Totti ha subito 15 espulsioni, meno della metà per falli di gioco. Lo stillicidio continuo e sistematico del trattamento subito, la mancanza di tutela, lo ha portato ad avere dei cedimenti. Quello che mi impressionò di più, quello del 21 gennaio 2007. Dopo una gomitata spaventosa di Galante, Francesco tentò di reagire e venne buttato fuori dal campo. Era così stravolto da quell’ingiustizia che allontanò bruscamente persino Vito Scala. Contro Totti tutto sembra diventare legittimo: l’entrata assassina di Vanigli, come il delirio di Colonnese, che nell’aprile 2005 si rese protagonista di una frase ignobile, vergognosa che avrebbe fatto reagire chiunque. Nel 2010 ho ormai rinunciato a vedere Totti trattato con “normalità”, nei suoi confronti vale come non mai quello che diceva Luigi Pirandello: “La pazzia è una forma di normalità” … dunque per lui espulsione e niente derby … Tutto normale. E tutto pazzesco…


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