Totti: “Ho sbagliato, ma troppe offese”

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 Ecco l’articolo settimanale di Francesco Totti sulle colonne de Il Corriere dello Sport:

Il calcio è sempre stato la mia vita e lo sarà anche in futuro. Fin da quando ero bambi­no ho praticato questo sport, sono nato con il pallone tra i piedi, ho avuto la fortuna di co­minciare a giocare con la mia squadra del cuore, di arrivare a essere il capitano e di vincere quello che ho potuto vincere, senza nessun tipo di aiuto, ma con l’orgoglio di in­dossare la maglia della Roma. Il mio matri­monio con questa società è lungo e duraturo e chiuderò la mia carriera dentro la mia se­conda casa, Trigoria. Tutto questo mi ha fatto diventare, a detta di tutti, il giocatore più rappresentativo di questa società, non solo in Italia, ma anche nel mondo. Ho sempre sentito l’affetto since­ro dei tifosi e la vicinanza affettuosa della proprietà. La mia è stata una scelta di cuore, quella di aver dato una parola e di averla mantenuta, giocare con questa maglia, con la quale mi sento gratificato sia dal punto di vi­sta economico, sia per le soddisfazioni pro­fessionali. Tutto questo in virtù di una paro­la data, non sono mai voluto andare via per­chè ho preferito vincere e guadagnare di me­no, ma restare legato a questi colori. Io par­lo poco ma quello che dico mantengo. Basta andare a leggere le mie interviste, ho sem­pre detto di voler restare in questa città per difenderne l’onore sportivo, sempre e co­munque. Chi vive nello sport sa che ci sono momen­ti belli e brutti. In quelli positivi sono tutti vi­cini a farti i complimenti, a farti fotografie, a chiederti maglie e a millantare antiche amicizie. Nei momenti negativi mi trovo da solo, con la mia famiglia, i miei figli, i miei genitori, con gli amici di sempre, con i diri­genti e le persone che lavorano con me e che mi hanno sempre stimato, prima come ra­gazzo e come uomo, e poi come professioni­sta. Nella mia carriera momenti brutti ne ho passati, sia per le sconfitte, sia per gli infor­tuni e sia per i miei errori, che ho sempre pa­gato in prima persona. Nessuno mi ha mai fatto sconti. Mi sono sempre assunto le re­sponsabilità davanti a tutti, senza avere nes­sun rimorso per decisioni prese. Chiedo so­lo una cosa, fuori e dentro Trigoria. Il rispet­to in tutte le decisioni e le scelte, come io ho sempre rispettato tutto e tutti e se ho sba­gliato sono stato il primo a chiedere scusa. Mercoledì sera ho sbagliato, questo è in­negabile, ma poi va tutto ricollegato e ripor­tato alla realtà dei fatti.
In questi anni ogni sfida con l’Inter è sempre stata carica di po­lemiche. Prima e dopo le partite. Insieme a decisioni arbitrali discutibili, in questo caso sempre a nostro sfavore. Probabilmente ci abbiamo rimesso scudetti e trofei, ma siamo usciti dal rettangolo di gioco sempre con l’onore di indossare questa maglia. Alla fina­le di Coppa Italia si è arrivati dopo quindici giorni di polemiche. A cominciare dal derby, dove tutto è stato strumentalizzato per la mia esultanza, di cui mi sono subito scusato. La vittoria a Parma, con la speranza che si era riaccesa e il giorno successivo con Lazio-In­ter. Su quella partita noi romani e romanisti ci siamo già espressi. Infine si è arrivati al­la partita con l’Inter, che tutti aspettavano e che tutti – sottolineo tutti – ci hanno chiesto di giocare con temperamento e aggressività agonistica. Sul campo i miei compagni inizialmente e io successivamente, abbiamo messo in prati­ca quello che tutti ci hanno chiesto, anche a livello mediatico. Mi ha dato l’impressione sin dall’inizio, seguendo la partita dalla pan­china, che l’Inter aveva un atteggiamento di lamentela verso la terna arbitrale, conte­stando anche in modo colorito le decisioni prese. Basta vedere gli atteggiamenti di Eto­’o, che solitamente ha comportamenti paca­ti e tranquilli. Anche loro sentivano molto la partita. Sono entrato in campo con la voglia di ribaltare il risultato.
Certamente non ero nel migliore stato d’animo. Avrei voluto da­re il mio contributo dall’inizio, ma rispetto sempre le decisioni del tecnico, senza mai avere nessun atteggiamento polemico. Ho fatto lo stesso anche in precedenti partite. Durante la gara “lui” ha avuto nei riguar­di dei miei compagni un atteggiamento pro­vocatorio e questo è avvenuto anche in pas­sato contro di noi. Ricordate la linguaccia a Panucci, o quello che è successo con Mexes, o la sua esultanza sotto la nostra curva? Tut­to questo, sempre dallo stesso calciatore, è stato fatto in quasi tutti gli stadi italiani e an­che in Europa ed è probabilmente questo uno dei motivi per i quali nel proprio grup­po non è mai stato ben accetto ed è sempre visto da altri club o dalla Nazionale stessa come un elemento di disturbo.
Certo, ho sba­gliato nel commettere quel fallo, ma io sono sempre stato il primo a riconoscere i miei errori e a giustificare chi contro di me ha compiuto falli di gioco che mi hanno procu­rato anche infortuni gravi, ma privi di mala­fede, vedi Vanigli, che ho subito scagionato. Chi mi conosce sa perfettamente che una mia reazione viene sempre generata da una provocazione. Sentire che un calciatore alle prime armi, ma con grandi doti, offenda ri­petutamente i miei tifosi, la mia città, il mio senso di appartenenza a Roma, oltre a me personalmente, dicendomi che sono finito, è insopportabile. Non vuole essere una giusti­ficazione, ma è semplicemente la verità di quello che è accaduto. Non si può tollerare che “lui” abbia sempre la possibilità di pro­vocare tutti, compresi i suoi tifosi e quelli avversari e nessuno prenda in considerazio­ne preventivamente i suoi atteggiamenti. Co­me ripeto ho sbagliato, sarò sanzionato, ma ho avuto una strana sensazione. Al momen­to della mia espulsione non c’è stato nessun mio avversario che abbia preso le difese… di “lui”. Questo qualcosa mi fa pensare. Vorrei precisare anche altre cose. L’argo­mento politici e vip. Tanti si sono scatenati in commenti e giudizi pesanti. Questi personag­gi sono quelli che dal calcio traggono solo vantaggi e visibilità. Frequentano le tribune autorità, le aree ospitalità, invitano i calcia­tori a eventi, chiedendogli autografi e ma­glie.
Tutto sempre gratis… Ma non ho mai visto nessuno di loro chiedere un autografo o una maglia a un delinquente. Da alcuni di loro in questo caso – e non è la prima volta ­come tale sono stato trattato. Non mi mera­viglierei se tra qualche tempo qualcuno do­vesse trovarsi coinvolto in qualche disavven­tura giudiziaria, magari per reati vari, che possono riguardare sia le persone che i beni della comunità. Fortunatamente la mia fa­miglia mi ha comunque insegnato che il si­lenzio è la migliore risposta quando si incon­trano questi personaggi, per disprezzarli. C’è un’altra questione che mi preme chia­rire. Chi ama veramente la Roma, chi è tifo­so e ha senso di appartenenza a questi colo­ri capisce cosa rappresenta questa squadra per noi. E chi si permette di giudicare se qualcosa che viene fatto è in linea con la sto­ria della Roma probabilmente c’entra poco con la nostra appartenenza. Sono personag­gi di passaggio, che usano la nostra fede per farsi pubblicità. Spesso la gente, sia dentro che fuori Trigoria, pensa che se io non par­lo, non vedo e non so ciò che accade. Ma do­po venti anni di carriera con la Roma so per­fettamente tutto di tutti. Posso avere mille difetti, ma quelli della trasparenza e della le­altà nei rapporti con le persone sono valori che nessuno mi potrà mai togliere.


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