Vincenzo Montella concede una intervista a repubblica.it nel giorno di inizio del ritiro della sua piccola Roma (allena i Giovanissimi Nazionali). Testuale:
“I genitori sono un grande problema. Troppe aspettative, troppa pressione sui ragazzi: sono tutti convinti di essere i papà di Totti“.
Montella, per far crescere campioni non basta insegnare calcio?
“La prima domanda non deve essere come portare i giovani in serie A, ma come non creare degli infelici. Il calcio in Italia ha soprattutto un ruolo sociale. Delle migliaia di ragazzi che affollano i settori giovanili, arriva al professionismo una percentuale che sfiora l’1%. Di quelli che giocano nelle squadre Primavera, ad un passo dal professionismo, il 5% arriva in serie A e solo il 40% continua a giocare al calcio. Troppi giovani delusi, frustrati e senza titolo di studio. Una fabbrica di falliti”.
Non è sufficiente fare l’allenatore…
“Non basta pensare solo alla tecnica. Le società di calcio hanno il dovere di pensare anche alla crescita della persona. Non serve insegnare solo stop e palleggi ma anche stimolare e curare la parte intellettiva dell’individuo: la convocazione per la partita dovrebbe tener conto anche dell’andamento scolastico. E negli staff dedicati ai settori giovanili dovrebbero esserci anche dei professori. Allenamenti e compiti. Avremo più campioni e meno infelici”.
Ma per far ripartire il calcio in Italia non basta qualche libro in più.