L’ARABO NON C’E’ PIU? Tutti a immaginare un futuro arabo graffiato su milionate di dollari made in Aabar, mentre questi – notizia freschissima – più che all’investimento per diventare proprietari unici della Roma pensano alla Formula 1: Mercedes acquisirà il totale controllo della scuderia di Ross Brawn rilevandone, con il partner arabo Aabar, il restante 24,9 per cento (già in loro possesso la quota eccedente pari al 75,1%). L’operazione dovrebbe essere chiusa entro il 13 marzo, giorno del primo Gp del 2011 in programma in Bahrain. Il popolo sognava, e stava cominciando a farlo col turbante sul cuscino. Poi, la sveglia ha sentenziato da sè: appunto, sognava. Ha sviato il legame esistente tra Unicredit (che è al contempo proprietaria della Roma) e il fondo di Abu Dhabi, il quale detiene quasi il 5% del capitale dell’istituto di credito congiuntamente all’altro dato, secondo cui la società Claraz SA, con sede a Lussemburgo, avvalendosi dell’assistenza dello studio legale Dla Piper, avesse fatto da intermediario con la banca nella formulazione di una offerta vincolante per l’acquisto della Roma.
TASSELLI. E’ bastato affidarsi alla certezza che Claraz SA abbia in corso affari nel contesto arabo e l’altrettanto evidenza – scusate se è poco – che uno dei soci della Lomeny Strategies SA (divenuta Claraz SA nel settembre 2010) fosse parte dell’organico della Banque Privèe Edmond de Rothschild Europa per chiudere con linearità il teorema. Perchè Rothschild è l’advisor indivisuato da Unicredit per trattare la cessione del club. Andando a spulciare negli archivi alla voce “Rothschild” si scopre che i tentacoli economici del gruppo sono sempiterni e ovunque. Per citare qualche legame tricolore: Tiscali, Seat Pagine Gialle, Eni, Rai, Banca di Roma, Banco di Napoli, BNL Banca Nazionale del Lavoro, Banca Intesa, Bipop-Carire, Banca Popolare di Lodi, Monte dei Paschi di Siena, Rolo Banca 1473, Finmeccanica. Rothschild, Arabia, Aabar: coincidenze che portano dritte lì. Aabar ha presentato un’offerta per acquisire la Roma, s’è detto: è corsa a due, col povero yankee DiBenedetto destinato in apparenza – ogni secondo di più – a fare la fine che fece, nel 2008, George Soros (con il socio di avventura, Joseph Tacopina). Accadde allora che il magnate di origine ungherese si avvicinò al club giallorosso: la Inner Circle Sports, merchant bank Usa specializzata, e la famiglia Sensi, attraverso il suo rappresentante legale Gianroberto De Giovanni, intavolarono una trattativa condotta dagli americani attraverso l’ausilio di Banca Rothschild e degli studi legali Tonucci e Cleary Gottlieb. Ogni conciliabolo si arenò a sorpresa il 18 aprile di quell’anno, quando agli emissari americani, pronti a firmare l’impegno vincolante all’acquisto, venne presentata l’offerta alternativa di una non meglio identificata cordata araba. Il club, stando alla valutazione dell’entourage di Soros, valeva allora tra i 270 e i 283 milioni di euro. Non se ne fece nulla. Sparì Soros e sparirono – in realtà non comparvero mai – anche gli arabi.