Dalla Gazzetta dello Sport:
Il contatto di fine corsa, al termine di un percorso dalla porta alla panchina in cui è scattato, ha allargato le braccia, è sfuggito alla morsa dei compagni, ha sorriso, urlato, mostrato la solita vena, è stato un testa a testa con Rino Gattuso, suo alter ego per filosofia di vita (dire sempre quello che si pensa, senza filtri, fregarsene delle convenzioni), non a caso unico altro barbudo della squadra. Proprio la barba è stata oggetto di approfondite analisi nelle cronache di ieri, un dibattito che ha scomodato anche l’antropologia: segno di maturità rispetto agli errori di gioventù di quattro anni fa, manifestazione di autorità nel gruppo, simbolo del potere all’interno della squadra. Ma anche, forse, immagine di un conflitto interiore. E allora come i barbudos cubani, Daniele De Rossi — sempre più simile a Romeo Benetti, ma meno randellatore — si raderà solo quando avrà vinto la sua guerra di liberazione: dai suoi incubi, dal fantasma di McBride, dai dolori del cuore e gli acciacchi del corpo. E la vittoria potrà coincidere solo con un altro Mondiale, questo davvero interamente suo. La maturità — questo sì un segno, tristemente degli anni che avanzano — è raccontata dai numeri.