Da Il Messaggero:
«Mi chiamo Julio Sergio, Julio Sergio Bertagnoli. Sono brasiliano, ma ho anche la cittadinanza italiana. E, ne sono certo, se non fossi stato comunitario, non sarei mai venuto a giocare in Italia. Difficilmente un club spreca un posto da extracomunitario per un portiere, giusto? Invece grazie al mio passaporto italiano, quattro anni fa sono arrivato a Roma; anzi, alla Roma. E adesso, finalmente, sono un uomo felice». «Fino a pochi mesi ero soltanto un professionista esemplare, si dice così?, ma non mi divertivo. Non giocavo, quindi non mi divertivo.
Ora gioco e mi diverto. Un po’ come mi divertivo da ragazzino quando ho cominciato a giocare a pallone. Avevo sei, sette anni e, come tutti i bambini di quell’età, non stavo mai fermo e avevo sempre un pallone tra i piedi. Un giorno, però, capitai in un circolo sportivo vicino a dove lavorava mio padre, a Ribeirao Preto, la mia città, e per la prima volta vidi come si allenava un portiere. Tuffi, parate, un volo di qui, un altro di là. Avete presente quando un bambino resta con la bocca aperta per l’emozione? Ecco, quel bambino ero io. Da quel momento cominciai a fare il portiere, sotto la guida del professor Manga, il mio primo istruttore.