Roma-Atalanta: Mexes, l’indispensabile. Ti ricordi, Philippe?

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 La via del rifugio per Philippe Mexes passa attraverso un tunnel lungo quanto quello che separa gli spogliatoi dell’Olimpico al terreno di gioco. Potrebbe scoprirsi nell’undici iniziale proprio domenica. Complice l’intenzione di Claudio Ranieri di preservare l’integrità di Juan e consentirgli di rifiatare, il francese potrebbe tornare a vestire una maglia da titolare. Al fianco di Nicolas Burdisso. Significherebbe tornare a sorridere dopo un periodo di tempo nel quale a Mexes e toccato solo d’asssitere. Con il cuore, con la voce, con l’esultanza e l’incitamento figli di tanti anni di vita a Roma. Da spettatore – come i tifosi più fedeli, con tanto di abbonamento… alla panchina – dopo stagioni vissute da baluardo della retroguardia. Qualcosa l’ha mostrata – Mexes – anche nel nascondiglio di una panca fastidiosa, scomoda, troppo fredda d’inverno e bollente con il sole a palla. Attaccamento alla squadra, con quelle esultanze istintive in occasione di ogni rete giallorossa nel corso delle ultime gare; voglia di essere parte di un gruppo che gli si calza addosso da quel lontano agosto del 2004. Quando optò per una scelta apparentemente calcistica. In realtà, di vita. Perchè, in quella circostanza, non fu semplicemente un cambio di casacca. Dall’Auxerre alla Roma. Ma un vero e proprio cambio di residenza. Da Auxerre a Roma.
GUIDO GOZZANO. La insegna il poeta piemontese. La via del rifugio. Un percorso intimista introdotto dall’universo fanciullesco della filastrocca. La pretesa ingenuità, l’ironia e la parodia letteraria, l’abilissimo trattamento dell’artificio poetico, lo stupore della fiaba in un intercedere di ritmica e monologo interiore. La via del rifugio non è una resa ma una marcia combattiva, infaticabile. Non è morte, ma resistenza alla morte. Ovvero, vita agita e non subita.
PHILIPPE MEXES. Socchiusi gli occhi sto, supino nel trifoglio, e vedo un quatrifoglio, che non raccoglierò. C’era una volta Mexes, viene da dire.

Professionista della difesa, integerrimo esecutore del ruolo di centrale di retroguardia. Pilastro. Sembra una vita fa, è solo uno spicciolo di tempo indietro. Una stagione appena. Ad essere ancor più precisi, un Burdisso in meno. Corrisponde a quando Ranieri era ancora un tifoso giallorosso e Mexes uno dei calciatori più ambiti dalle squadre europee. Poi, accade tutto a distanza ravvicinata: l’acquisto di Burdisso, l’ingaggio del testaccino. Il calo di forma visibile del transalpino. E’ stato lì che Roma ha smesso di vedere Mexes, l’indispensabile in campo, e ha cominciato a percepire Philippe. Uno di famiglia che vive un momento difficile e a cui stare vicino a prescindere. Il vento è girato in un istante: 16 presenze su 32 gare totali. Per una buona metà del campionato in corso, Philippe è rimasto a guardare. Con rabbia e con amore, con trasporto e amarezza. Con la consapevolezza che Burdisso e Juan, per come stanno funzionando, li si può solo applaudire. Capita, a volte, che anche le più belle favole vivano una battuta d’arresto introdotta dall’accadde che…
Socchiudo gli occhi estranio, ai casi della vita; sento fra le mie dita, la forma del mio cranio. La via del rifugio è uno stato delle cose che coincide con un processo evolutivo. Nel fermo immagini di Mexes relegato alla panchina è venuto spontaneo guardarne gli occhi. Fissarlo un momento per consegnargli un po’ di linfa, per carpirne il reale umore. Felice no, per carità. Piuttosto triste, in quella specialissima condizione di una malinconia alimentata dalla voglia di contribuire in qualche maniera e dall’impossibilità di farlo. Nell’essere il primo ad esultare in occasione delle reti dei compagni, nell’essere il primo a raccogliere l’applauso della Curva Sud c’è la via del rifugio cui Mexes ha cercato di protendere. Non è morte, ma resistenza alla morte. Ovvero vita agita e non subita, in attesa di raccogliere il quadrifoglio. Stavolta, lo ha visto per primo Juan. E con l’indice puntato in avanti, lo ha indicato a Mexes. Cambia la forma, cambia la sostanza: basterebbe tanto così – raccogliere il quadrifoglio, portarlo a Ranieri – perchè la via del rifugio del transalpino possa coincidere proprio con la strada tortuosa – siamo a venerdì sera – che porta verso Roma-Atalanta.
ROMA-ATALANTA. La Vita? Un gioco affatto, degno di vituperio; se si mantenga intatto, un qualche desiderio. Tocca al numero 5 giallorosso essere artefice della propria fortuna. Basta la cosa più semplice. Tornare a essere Mexes, l’indispensabile. Il che non equivale a chiedere l’impossibile ma l’ordinario. Chiedere a Philippe Mexes di essere se stesso – ci perdoni il francese – non pare nulla di più che un auspicio legittimo. Perchè, al di là del rettangolo verde, ci sta una platea che non vede l’ora d’essere via del rifugio pronta a tutelare il futuro prossimo di Philippe Mexes. Ed è così dal lontano agosto 2004. Quando il biondo optò per una scelta apparentemente calcistica. In realtà, di vita. Perchè, in quella circostanza, non fu semplicemente un cambio di casacca. Dall’Auxerre alla Roma. Ma un vero e proprio cambio di residenza. Da Auxerre a Roma.


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