Parma-Roma e non solo: indispensabile Perrotta

di Redazione Commenta


 Da Il Romanista:

Il tridente, le due punte, il 4-2-3-1, il rombo, le crisi, le rimonte, le vittorie. Passano gli anni, cambia la Roma, si rivoluzionano i moduli ma Simone Perrotta è sempre lì al suo posto. Anche domani. Titolare sempre, o quasi, chiunque sia l’allenatore. Succede da quasi sei anni. Era l’estate del 2004 quando arrivò dal Chievo dopo essere passato anche per RegginaJuventus e Bari. E capitò nell’anno peggiore, quello dei 5 cambi in panchina e della B evitata per un pelo. Ma già in quella stagione, in cui tutto andò storto e anche lui non riuscì a rendere al meglio, si capì che Simone da Ashton (anche se solo di nascita) era uno che aveva carattere. Nel febbraio del 2005, quando la Roma traballante di quei tempi si affidava a Totti, Montella e Cassano per risolvere le partite, lui, in conferenza, si fece sentire: «In campo si va in undici e non in tre. A me sembra che qui si vinca in tre e si perda in otto. Sinceramente non ci sta bene. Qui si soffre tutti e c’è bisogno di tutti». Una bella dimostrazione di personalità. Quella che gli è servita per ricacciare le critiche di quei giorni e diventare il pilastro di una squadra da scudetto. Un leader poco appariscente, silenzioso. Ma neanche poi tanto perché, in questo campionato più che mai, quando in campo c’era da farsi sentire a parole e nei fatti, lui c’era sempre. Un esempio su tutti il duello con Sissoko Torino contro la Juve, quando non ebbe il minimo timore ad affrontare l’avversario. Tra i due furono scintille e alla fine stravinse Simone con tanto di tunnel sul maliano e i romanisti a spellarsi le mani per applaudirlo. Non è stato un caso isolato, perché Simone è sempre lì quando c’è da difendere un compagno o quando c’è da arrabbiarsi con lui (vedi la baruffa di domenica con Vucinic).


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