Mondiali 2010 Mexico, i sombre…eroi: li guardi, sorridi, fai il tifo

 Pedro, mira il dito: dell’estatè; i baffoni che curvano all’insù o all’ingiù ma non finiscono mai dritti; un sombrero tanto grande che pare contenere tutta l’estate; stature da minimo garantito; pancia prosperosa, il più delle volte; i Maya e gli Aztechi a segnare la via alla civiltà; quella sensazione di fragilità e debolezza che ti porta a prenderne – a prescindere – le parti. E poi: le serate piene di ebbrezza a furia di tequila bum bum; il ritmo casereccio delle maracas che tenti di riprodurre con qualunque cosa ti capiti tra le mani; il volto semi coperto dei banditi dentro i film datati; fantasie improvvisate mentre ascolti “Messico e nuvole” (o magari Vado al massimo di Vasco, e quelli – il Messico, le nuvole – li ritrovi anche lì); l’odore da starnuto di certi cibi piccanti che senza peperoncino non sarebbero tanto squisiti; le facce tristi di una povertà che fa a pugni con lo sfarzo  dell’America del Nord; quando eri bambino, che ovunque giravi col telecomando arrivava – come un fulmine – Speedy Gonzales; le capriole dopo ogni gol di Hugo Sanchez; quelle cantinette a pastello che sembrano il frutto di uno schioccar di dita; i pop corn che sono simpatici, come la patria del mais; puoi metterla come vuoi – certe volte – ma i messicani sorridono sempre.
Poi – per carità – il fatto che, forse, chi ci metti metti – contro la Francia – ti viene voglia di vederlo vincere.
Ma a conti fatti, con scioltezza, gioca il Mexico e non ne conosco uno che non faccia il tifo a favore.

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