Tancredi: “Roma non si dimentica, sogno di tornare”

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 L’intervista rilasciata da Franco Tancredi alla trasmissione radiofonica “1927“, condotta da Max Leggeri, Marco Madeddu e Nicola Caprera, su TeleRadioStereo:
Tredici anni di Roma non si dimenticano.

“Credo di aver dato tutto per la Roma. Era un altro tipo di calcio ma c’era lo stesso affetto, ho fatto cose buone e altre meno, ma alla fine della carriera credo di aver dato un buon contributo, sono stato uno dei protagonisti di quegli anni, e ne vado fiero”.
La tua parabola è simile a quella di Julio Sergio. Due anni di panchina poi l’esplosione. Tecnicamente ti ricorda molto, soprattutto nelle uscite basse.
“Lui ha una bella storia. In tre anni solo qualche amichevole, ora è arrivato il suo momento e lo sta sfruttando alla grande. Giudicarlo è difficile perche non lo conosco bene, ma se la società  lo ha preso e il mister ha ritenuto opportuno farlo giocare ha le caratteristiche giuste. Però la Roma un portiere titolare ce l’ha: Doni, che ha dimostrato tutto il suo valore, ha avuto un grave infortunio. Dopo Buffon e Julio Cesar c’è lui, anche a livello di Nazionale è il secondo portiere. L’ho incontrato sabato scorso in Qatar (per l’amichevole vs il Brasile) e mi ha confermato di star bene”.
Il suo infortunio alla cartilagine può essere molto penalizzante per un portiere?
“Io so che lui è guarito, l’ho visto dal vivo e mi è sembrato a posto. Se è davvero a posto fisicamente penso che sia in piena efficienza: bisognerà testarlo ma soltanto attraverso allenamento e partite potrà recuperare la forma”.
A livello psicologico, cosi si prova ad esser eretrocesso a ruolo di riserva?
“Certo non è facile, però bisogna sempre dare tutto. L’unica arma che ha è quella di rimboccarsi le maniche, lavorare bene e far cambiare idea all’allenatore”.
Cosa è successo all’epoca del divorzio dalla Roma?
“Sono cose che possono succedere, non ne ho parlato all’epoca e non lo farò neanche ora. Il sogno è un domani tornare a lavorare con la Roma, ma non credo ci siano possibilità. Ci siamo tolti delle belle soddisfazione anche in Primavera, ora i vari Campagnolo, Amelia, Curci, Zotti sono tutti portieri affermati”.
Finale Italia-Inghilterra con rigore decisivo di Totti?
“Francesco si merita il meglio, sono contento per lui, per quello che la sorte ha provato a toglierli ma lui, con grande classe e tenacia si è ripreso e ne è venuto fuori”.
Al di là delle vittorie, qual’è il ricordo più bello della tua esperienza romana?
“Ci sono due occasioni in particolare. La finale di Coppa Italia col Torino, primo trofeo di Dino Viola, ai calci di rigore: e poi la settimana dello scudetto, da Genoa fino alla partita in casa col Torino, fu una gironata fantastica che conserverò per sempre nel mio cuore. I miei 27 anni di Roma non me li potrà mai togliere nessuno”.
A parziale attenuante di quella maledetta serata del 30 maggio del 1984, siete stati penalizzati forse dalla consapevolezza di sentirvi piu forti.
“L’esperienza ha giocato un ruolo determinante: dei nostri solo Falcao aveva giocato ad alti livelli e abbiamo pagato a livello di testa. Sono situazioni in cui i dettagli fanno la differenza e purtroppo nella lotteria dei rigori abbiamo avuto la peggio“.
Roma – Lecce invece?
“Quella stagione partì male. Poi la squadra ha cambiato ritmo, abbiamo fatto vedereil nostro vero valore. Però giocavamo un calcio molto dispendioso, spesso ci schieravamo in campo anche con 3-4 punte. Poi alla fine siamo arrivati col fiato corto, anche a Pisa fu una partita molto sofferta, nonostante il 4-2  finale. Poi con il Lecce ci fu il crollo”.


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