Unicredit-Italpetroli: domani nessun giorno del giudizio, ma giugno sarà il mese delle risposte importanti

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Con estrema puntualità, tornano a rincorrersi le notizie riguardanti la situazione finanziaria di Italpetroli, società controllante l’As Roma, che accusa una forte esposizione debitoria con alcune banche creditrici (Unicredit su tutte). Nella giornata odierna, quotidiani autorevoli hanno parlato dell’arbitrato di domani come ‘momento chiave della diatriba ItalpetroliUnicredit’, di rischi sulla continuità aziendale della Compagnia petrolifera con conseguente possibilità di dover portare i libri in Tribunale per sancire il fallimento dell’azienda dei Sensi (con tutte le funeste conseguenze sull’As Roma).

UN ARBITRATO INTERLOCUTORIO.

Partiamo da un semplice dato che contribuirà a rasserenare gli animi dei tifosi romanisti: la giornata di domani, salvo clamorose sorprese, sarà interlocutoria e servirà alle parti per mettere davanti al collegio giudicante alcuni punti sui quali fondare le proprie disquisizioni legali. Seguirà presumibilmente un rinvio che darà vita a una delle tante tappe di un percorso che, tra decisioni, impugnazioni e rinvii vari, potrebbe durare mesi (a meno che i contendenti non trovino anticipatamente un accordo).

La questione, fondamentalmente, ruota intorno a due tavoli strettamente collegati tra di loro: quello dell’arbitrato, che ha come oggetto la validità del piano di rientro dal debito unilateralmente risolto da Unicredit, e la certificazione del bilancio di Italpetroli affidato alla Bdo.

LE RISPOSTE DI GIUGNO.

Se l’arbitrato di domani avrà poco peso specifico nell’epopea della famiglia Sensi, discorso diverso va fatto per l’approvazione del bilancio di Italpetroli che verrà formulata entro il mese di Giugno. Il Collegio Sindacale, ai fini dell’approvazione, dovrà verificare l’esistenza di un piano percorribile per il rientro, oppure di una strategia basata su fondate previsioni di dismissioni o qualunque altro elemento che consenta di superare il problema della ricostituzione del capitale sociale. E’ pur vero che, stando ai fatti noti, al momento non ci sono notizie di dismissioni significative effettuate a favore del gruppo Italpetroli, anche perché tali operazioni in tempi di crisi economica globale risultano complesse e fortemente svantaggiose per chi deve vendere. Ma se anche questa strada dovesse risultare momentaneamente impercorribile, gli azionisti di riferimento riporterebbero la questione alla normalità attraverso una ricapitalizzazione. Quest’ultima, d’altra parte, potrebbe essere addirittura scongiurata nel caso in cui il collegio sindacale appurasse che il bilancio redatto nel 2008 sia stato appesantito dalla precedente capitalizzazione degli interessi (ossia, dall’aggiunta al capitale degli interessi già maturati, affinché diventino a loro volta produttivi di nuovi interessi: una pratica, questa, ammessa solo in presenza di presupposti tassativamente tipizzati dalla legge, come l’esistenza di una domanda giudiziale o una convenzione posteriore alla scadenza che, nel caso in questione, non risultano esistenti). Questo meccanismo sugli interessi, all’esame del collegio dei sindaci, avrebbe fatto sensibilmente lievitare il debito della holding (facendolo aumentare di circa 70-80 milioni di euro).

Il giudizio, ormai imminente, che verrà formulato sul prossimo bilancio di Compagnia Italpetroli, scioglierà quindi importanti interrogativi sulla necessità (ed eventualmente le modalità) di reintegro del capitale sociale e su quelle che saranno le prossime strategie della holding, un tempo fiore all’occhiello dei possedimenti della famiglia Sensi. A prescindere dal segno delle risposte date dagli esaminatori del bilancio, il paventato rischio di fallimento appare un’ipotesi lontanissima a verificarsi, sia per i tempi di percorrenza, sia per motivi di mera opportunità (le procedure fallimentari sviliscono fortemente il valore dei beni collegati all’azienda oggetto del procedimento, con conseguente danno per il creditore agente), mentre il giudizio sull’esposizione complessiva nei confronti delle banche dipende in parte dalla bontà delle risposte fornite ai dubbi sollevati dai revisori nella precedente analisi e, in parte, dalla risoluzione di un arbitrato che sta ancora conoscendo la sua fase embrionale.

Per arrivare ai tempi supplementari, in altre parole, bisognerà attendere ancora un po’ di tempo.

Massimiliano Rossi


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