Vucinic, il gol non arriva da 150 giorni (Roma-Gand, 30 luglio 2009)

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Il Grande assente.
Nonostante la sua presenza quasi fissa nell’undici iniziale – in questa prima parte di stagione – Mirko Vucinic è come il Grande assente.
Perchè, nonostante il contributo che garantisce ala squadra, nonostante la voglia e l’impegno, al montenegrino non è ancora riuscita la cosa essenziale.
Per un attaccante come lui.
Il gol.
E’ una delle cattive novelle che i giallorossi si trascinano dietro: l’attesa spasmodica di vedere Vucinic esultare per un gol.
Nel corso della fase-blocco cui il centravanti è incappato, a Vucinic capita anche il paradosso di riuscire a sbagliare gol già fatti (vedi gara contro il Livorno).
A ripercorrere questi primi 567 minuti di Vucinic nel campionato 2009/10 è La Gazzetta dello Sport che approfondisce la situazione del montenegrino partendo proprio dalle parole di Caludio Ranieri nel corso della conferenza di ieri:


Centocinquanta, e fermiamoci qui, senza rispolverare vecchie filastrocche. Sono 150 giorni che Mirko Vucinic non segna in campionato. Cinque mesi, l’ultima festa risale al 31 maggio scorso, Roma-Torino 3-2. L’unica rete della stagione di Mirko è un’illusione d’estate datata 30 luglio 2009, quando nell’afa dell’Olimpico la Roma spezzò le reni ai belgi del Gand grazie anche al centravanti montenegrino. Zero gol, ma molti titoli. “Vucinic, un incubo”. “Vucinic, mai così spento”, “Vucinic supponente, merita i fischi dello stadio”. Poi chiacchiere in libertà, tra radio, tv e bar, argomento: che fine ha fatto il giocatore che ha segnato due gol al Chelsea, ci ha fatto trionfare in casa del Real Madrid e ci fece sfiorare lo scudetto a Catania?
Già, bella domanda: che fine ha fatto? Claudio Ranieri nella conferenza stampa di ieri ha indicato una traccia: “Vucinic avrebbe bisogno di allenarsi bene e ogni tanto di tirare il fiato, ma in questo momento devo chiedergli di sacrificarsi”. Vucinic, costretto ad agosto a finire sotto i ferri per un problema al ginocchio, è a corto di tante cose: di condizione atletica, di gol, di autostima. E, forse, anche un po’ seccato perché il suo momento difficile rischia di inghiottire la sfera privata: la contestazione non risparmia lui e chi gli sta vicino. I numeri indubbiamente sono impietosi per un attaccante del suo livello: 8 presenze, 567 minuti, un’ammonizione. Ma Vucinic dovrebbe anche interrogarsi su altri messaggi spediti ieri da Ranieri: “Non basta essere bravi tecnicamente e tatticamente. Serve il carattere, bisogna lottare”. Sembra l’identikit di Mirko: bello, bravo, talentuoso, ma moscio. “Gli manca la rabbia in corpo e questo per un attaccante è un grande limite”, ci disse un giorno di lui un grande ex dirigente della Roma. Vucinic, in realtà, ha solo un modo per superare tutto questo: segnare un gol. Brutto, sporco e magari anche cattivo, ma che sia uno straccio di gol. Il Livorno sembrava l’occasione ideale per mettere il suo nome nel tabellino dei marcatori e tirare su il morale, ma Mirko ha sprecato un’occasione che era più difficile buttarla fuori che in porta. Oggi, per Vucinic passa un altro tram. Persi Totti e Menez, ridimensionato Okaka, toccherà a lui caricarsi la Roma sulle spalle. Riuscirà il nostro eroe a mostrare finalmente di avere anche carattere? La notte di Vucinic sarà anche la notte dei ritorni. A Udine si rivede finalmente Juan, dopo l’infortunio muscolare figlio di Roma-Napoli. Si ritrova Motta, uscito con una caviglia malandata sempre nella jellatissima sfida con il Napoli, dove saltò soprattutto il ginocchio di Totti. A centrocampo, sarà il redivivo Brighi a fare coppia con De Rossi per sostituire Pizarro. Trequartista d’assalto, a sinistra, remerà Guberti. Si accomoderà invece in panchina il romeno Lobont: Doni sta superando bene la contusione alla coscia e dovrebbe farcela. In un mare di guai, con la rinuncia forzata all’ultimo minuto di Nicolas Burdisso — fastidio al polpaccio sinistro, si tratta di un semplice affaticamento, contro il Bologna dovrebbe esserci — almeno una buona notizia. Una.


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