Taddei non molla mai

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 Dal Romanista:

Per iniziare con un tocco di humour il nostro articolo sui romanisti che hanno fatto fuoco e fiamme per rimanere in giallo-rosso, siamo ricorsi al caso anomalo e divertente di Carletto Mazzone. Nato a Santa Maria in Trastevere e cresciuto nella Junior Portuense, era arrivato alla Roma alla fine degli Anni 50. Dopo aver debuttato in serie A venne spedito per un anno alla Spal. Alla fine della stagione, quando Mazzone si appresta a riprendere possesso della maglia giallorossa, il presidente Anacleto Gianni lo convoca nel suo studio e gli dice: «Mi devi fare una cortesia personale. Devi andare all’Ascoli, in serie C. Sono degli amici e non ho potuto dire di no, ma hai la mia parola che a fine anno torni». Il ragazzo non ha nessuna voglia di lasciare la capitale, anche per alcuni problemi di salute della madre, ma alla fine obbedisce. Un anno dopo, però, ripresentandosi da Anacelto Gianni, Carletto, che ad Ascoli ha trovato la compagna della sua vita, dirà: «Presidente, adesso è lei che deve farmi un piacere personale… mi lasci ad Ascoli».

Mazzone evoca però anche uno dei casi più emblematici della saudade per la Roma: protagonista quel Marco Delvecchio che sbarcherà nella capitale proprio sotto la guida tecnica del Mister trasteverino. L’avventura di Supermarco, a dire il vero non era col sorriso. In un pomeriggio di fine novembre, l’attaccante interista è nel ritiro della Borghesiana, aggregato alla Nazionale Under 21 che si prepara ad affrontare l’Ucraina e la Lituania per le qualificazioni al campionato europeo di categoria. Improvvisamente gli viene comunicato che è stato cercato da Sandro Mazzola, Direttore Sportivo dell’Inter, e che deve mettersi in contatto con lui quanto prima. Al telefono Delvecchio scopre che nonostante le rassicurazioni d’incedibilità, l’Inter, per ottenere Marco Branca, lo ha spedito in prestito alla Roma. Al ragazzo cade il mondo addosso, nella capitale trova la concorrenza di Fonseca e Balbo e inoltre avendo iniziato la stagione in nerazzurro, non potrà neanche disputare le gare di Coppa UEFA. Quando arriva all’Hotel Cicerone, è con il morale sotto i tacchi. L’impatto con l’ambiente, però, è subito esaltante. Mazzone lo spedisce quasi sempre in campo, lui ricambia con determinazione e impegno. A fine stagione, si ritrova con un bottino di 10 reti e l’Inter ansiosa di riportarlo alla base. La determinazione di Sensi e la ferma volontà del giocatore di non muoversi, convinceranno Moratti a “mollare” la presa cedendo alla Lupa uno degli attaccanti più forti della sua storia. 

Prima dell’avvento dello svincolo è difficile trovare esempi analoghi perché i cartellini dei calciatori erano nelle mani dei club. Nonostante questo, negli Anni 30, però, Leonida Pallotta, portiere di riserva della Roma, rifiutando di trasferirsi alla Lazio preferì chiudere la carriera e ritirarsi.

Un altro portiere, Fosco Risorti, dovette faticare parecchio per non vedersi strappare il sogno giallo-rosso. Quando la Roma aveva trovato l’accordo per il suo ingaggio, infatti, il Torreannunziata fece un grosso rilancio che stava per fa saltare la trattativa. Risorti piombò nella sede della piccola società e rovesciò la scrivania del presidente. Chi di dovere capì che non era il caso d’insistere.

Meno fortunata sarà la resistenza ad oltranza messa in campo da Pietro Vierchowod al termine della stagione 82/83. Mantovani lo reclamava a Genova, ma lui non aveva nessuna intenzione di abbandonare una squadra con cui aveva appena vinto lo scudetto. Lo Zar arriverà anche a minacciare di smettere di giocare al calcio, e solo un’estenuante mediazione portata avanti dal DS Claudio Nassi lo porterà a ritornare sui suoi passi.


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