Roma-Lecce: per fede e decenza, ci si attacca a Totti e De Rossi

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 Sparissero pure fede e decenza, uno s’attaccherebbe a quant’altro.
Perchè, come quando il Cagliari ha bombardato di gol, stavolta è la sorte ad accanirsi: si ferma Rodrigo Taddei, pit stop di tre settimane per David Pizarro, Mirko Vucinic ha la schiena malconcia, Philippe Mexes a Trigoria ha fatto differenziato. Invece quella – la fede – ancora alimenta speranza, questa – la decenza – continua a stimolare bei pensieri. Ci sta l’appiglio di Daniele De Rossi che è annunciato al rientro. C’è la buoa nuova di Julio Sergio oramai recuperato e di nuovo titolare. Allora, ti ci attacchi. A entrambi. Capitan Futuro lo immagini rigenerato e desideroso in un colpo solo di essere salvagente contro il Lecce e di mettere nel dimenticatoio il derby di ritorno della passata stagione (te ricordi, Daniè?); il brasiliano lo percepisci uguale identico all’altro anno. Quando ha saputo essere decisivo.
MEMORIE. Altra Roma, altre emozioni. Era professionismo, qualche mese fa. Professionismo con tanto di valore aggiunto: li vedevi dentro alla maglia giallorossa, tutti e undici, e pareva che fossero capaci di scrivere frammenti di storia. Adesso, pare sofismo: vai a leggere cognomi altisonanti, appena sopra al numero di ciascuna casacca, ma sono caratteri cubitali che non corrono più. Non sudano più. Non credono più. Li vedevi dentro alla maglia giallorossa, tutti e undici, e pareva che fossero capaci di scrivere frammenti di storia. Poi, d’improvviso, li osservi con sconcerto perchè non riescono a mettere insieme fraseggi di calcio.
 SOFISMO, CERTEZZE. I veri romanisti sono incazzati come sono incazzato io. Noi giochiamo per loro e vogliamo fare il bene della Roma. Ci riusciremo“, dichiara Claudio Ranieri in conferenza stampa (vuoi vedere: finisce il silenzio, passa la crisi?). Tuttavia, in mancanza di verità riscontrabile nelle premesse o nelle conclusioni del ragionamento, è sofismo. E in attesa che il campo smentisca, per ora le verità venute meno le raccontano i numeri. Della classifica. Delle statistiche. Le sviscerano gli stessi dati che fino a maggio hanno saputo raccontare una bella pagina dell’esercizio di un’attività a fronte di un compenso. Il professionismo. Partirebbe, spontanea, l’arringa destinata a stanare chi non si sta sudando lo stipendio. Li conti sulle dita di più di due mani. E, puta caso, viene in mente l’incipit ideale proprio nel momento che qualcuno, di là, sventola un foglio e agita le braccia. “Aspè, guarda che non pigliano soldi da almeno tre mesi“. E mo’? Io stravolgo parte del pensiero, tra loro nessuno morirà di fame. Ma è l’ennesimo tassello che rimanda a una gestione societaria, oltre che deficitaria, controproducente. Sottoscrivere le parole di Gianni Alemanno – “Italiano, addirittura romano o straniero: chiunque sia, Unicredit faccia presto” – è pleonastico, e lo è la presa d’atto dell’ennesimo bilancio in rosso: l’esercizio economico, al 30 giugno 2010, si è chiuso con una perdita di 22 milioni; la prima parte di campionato è stata archiviata con due punti meno della passata edizione. Fatti oggettivi. Poco utili a rimpiangere già Rosella Sensi, altrettanto inutili a Claudio Ranieri per difendere se stesso: la fiducia nel testaccino pare crollata in maniera direttamente proporzionale all’abbattimento delle quote legate all’esonero. 50 a 1 a inizio stagione, dopo un mese 25 a 1, adesso siamo che paghi 1 e incassi 6. Negli occhi di buona parte dei tifosi, soprattutto i più giovani, l’immagine di Luciano Spalletti che lascia il club e della squadra che immediatamente dopo rinasce non è sofismo. Semmai, una verità (tenerne conto, quantomeno).
 CONFUSIONE. Premessa d’obbligo: stimo Ranieri. E la stima è data da una evidenza: nessuno gli ha regalato mai nulla. Quello che ha è quello che si è guadagnato. Quello che non ha non sempre lo ha perduto per demeriti. Chiedere alla Juventus (e magari, passando per Torino, qualcuno rinfreschi la memoria a Jean Claude Blanc: Poulsen è stata alternativa a Frank Lampard, con cui il testaccino aveva parlato personalmente per esporgli un progetto che, all’inglese, era piaciuto). Avesse avuto una settimana fa vent’anni di meno – per essere chiari – Ranieri non avrebbe mai allenato la nazionale italiana under 21. A preescindere dai meriti, a prescindere dai demeriti. L’altrimenti detta “bravura”  di  uno alla Ciro Ferrara, Claudio Ranieri non l’ha avuta. Non ce l’ha. E, arrivato a  59 anni, viene da dire che non l’avrà mai. Stimo Ranieri ma qualcosa, del modo in cui sta gestendo la Roma, non torna per davvero. Passi – ma il rischio che vada in bambola anche Juan comincia a fare paura – l’incertezza con la quale ha deciso di utilizzare la coppia di centrali difensivi (contro il Lecce, va da sè, in ballottaggio Burdisso e Mexes), lascia perplessi l’intenzione di utilizzare un De Rossi a mezzo servizio (e se s’infortunasse di nuovo?) per sostituire Pizarro. Perchè Fabio Simplicio c’è e quel ruolo lo ha già ricoperto. Ma Ranieri, Simplicio, continua a non vederlo: a questo punto è bocciatura vera. Del brasiliano, certo, ma anche del mercato estivo. Dopo Adriano. Castellini. Burdisso Jr. Rosi. Resta da capire se bocciando il calciomercato sia da bocciare solo la società o Ranieri assieme alla dirigenza. Sembra smontato il caso Vucinic: il testaccino ha minimizzato in conferenza stampa e domani lo schiera sull’esterno di centrocampo. Eppure, la sensazione che il rapporto tra i due (dopo l’idillio del 2009/10, quando il montenegrino da solo gli stava regalando lo scudetto) sia peggiorato, resta. Come pure la percezione che tra lui e il capitano vi sia maggiore gelo. E nulla smentisce il fatto che a Trigoria il gruppo è meno gruppo dello scorso anno nè la sensazione che la classifica centri fino a un certo punto.
 ROMA-LECCE. Contro i salentini all’Olimpico, dicono le statistiche, la vittoria è arrivata con facilità: di sconfitte, in quel caso, ne è bastata una che ancora brucia (il 2-3 datato 20 aprile 1986). Si anticipa alle 18 senza il pubblico delle grandi occasioni. “Devo far di necessità virtù. In questo momento è così“: tradotte, le parole di Ranieri svelano la formazione. Julio Sergio torna a occupare la porta giallorossa; difesa a quattro con Marco Casseti e John Arne Riise esterni, il compagno di Juan non lo si conosce ancora (Mexes? Burdisso?); in mediana De Rossi (arretrato, alla Pizarro) e Matteo Brighi con Vucinic e Simone Perrotta esterni. Inamovibili Marco Borriello e Francesco Totti (90′? Si sbloccherà?).
ALLORA. Negli anfratti, nelle osterie, davanti a un caffè, sul prato verde. Senza ‘na lira solo i figli di Roma sarebbero pure capaci di campare d’aria per la Roma. E’ così per l’operaio, è così per il calciatore. Eticamente diversissimo, nella sostanza resta uno stipendio che viene a mancare. E molti, dal professionismo all’opera pia, è un passaggio per cui proprio non ce li vedi. “Giocassero per la maglia“, direbbe il tifoso deluso. Allora ti aggrappi a Daniele De Rossi nello stesso modo in cui, finora, hai confidato nel capitano. Ben sapendo che a tutti gli altri puoi chiedere semmai di essere professionisti con un tocco di valore aggiunto. Alla Borriello, ecco. Alla Borriello andrebbe più che bene.
PROBABILI FORMAZIONI ROMA-LECCE. Sabato 30 ottobre ore 18, stadio Olimpico – Roma:
Roma (4-4-2): Julio Sergio; Cassetti, N. Burdisso, Juan, Riise; Perrotta, De Rossi, Brighi, Vucinic; Borriello, Totti. A disposizione: Lobont, Mexes, Castellini, Cicinho, Simplicio, Menez, Baptista. All.: Ranieri. Squalificati: nessuno. Indisponibili: Taddei, Adriano, Pizarro.
Lecce (4-3-2-1): Rosati; Rispoli, Giuliatto, Ferrario, Mesbah; Piatti, Giacomazzi, Grossmuller; Olivera, Di Michele; Corvia. A disposizione: Benassi, Sini, Bertolacci, Vives, Munari, Jeda, Ofere. All.: De Canio. Squalificati: nessuno. Indisponibili: Reginiussen, Fabiano, Gustavo.


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