Se la A.S. Roma diventa una agenzia di scommesse, allora Adriano va bene

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 Già. Si può dire tutto e pensare l’esatto contrario. Procedere inseguendo sogni o mettendo – razionalmente – un piede davanti all’altro, ma una cosa è certa. Una squadra finita al secondo posto con due punti di distacco dalla prima, dovrebbe con ogni probabilità cercare di rinforzarsi con ponderatezza. Programmando una campagna acquisti funzionale al progetto. E la Roma, nel suo percorso di rafforzamento, ci mette un carico da novanta. Ovvero, Adriano sulla bilancia. Non sia – questo – il modo per dimenticare che il brasiliano, pezzo grosso lo è stato anche in campo. Infatti, a onor del vero, un attaccante da 352 presenze e 168 gol, il suo perché ce l’ha. Eccome. Non solo: le fragilità del passato sono state – a quanto pare – tutte archiviate in seguito alla seconda – o terza? – rinascita della punta al momento del suo passaggio (era lo scorso 6 maggio 2009) nelle fila del Flamengo. Con la società rossonera, l’ex parmigiano Adriano si è distinto anche a suon di gol: 30 in 46 presenze ufficiali.  Classe 1982, il nativo di Rio de Janeiro – a un certo punto – pensava di smettere con il calcio. La morte del padre, amori infelici, scelte tecniche degli allenatori, prestazioni anonime sul rettangolo verde, pessimi rapporti sociali, amicizie che ne hanno segnato negativamente il recente passato. Tutto questo, Adriano Leite Ribeiro, ha cercato di annegarlo in una bottiglia: ha provato a infilare ogni pessimismo facendolo passare attraverso il collo di un contenitore e – magari – gettare tutto via. Lontano. Lontanissimo. Salvo scoprire, poi, che attaccarcisi – a quella bottiglia – era ancora meglio. “Confesso che bevo”, dichiarò apertamente l’ex pupillo di Massimo Moratti (ora c’è Balotelli, nei cuori del patron nerazzurro): in un istante, l’Italia diventa un Paese inospitale, inadatto, pericoloso. E Adriano parte, papà Moratti gli mette in tasca un biglietto aereo e gli schiocca un bacio sulla guancia. Si fa avanti il Flamengo. Il centravanti s’aggrappa come al salvagente. Come alla bottiglia. Con addosso la nuova maglia, nel tentativo di allontanare vizi ed eccessi e di fianco all’amata madre, l’Imperatore (per l’omonimia con l’Adriano dell’Impero) riprende in mano la propria vita. La propria carriera. La penisola pare un ricordo da dimenticare in fretta.  Poi, in mezzo al samba brasileiro, viene fuori una voce. Qualche parola rilasciata da Hulk (altro soprannome di Adriano, per il fisico), siamo alla metà del febbraio scorso: “La Roma mi ha cercato e ho voglia di giocare con Totti, un grandissimo giocatore”. Assicura che ogni problematica è stata messa da parte e dice di avere voglia di tornare in Italia e chiedere scusa della maniera in cui se ne è andato. E Moratti (che in fondo solo con lui, semmai, Adriano avrebbe dovuto fare ammenda) quelle scuse tinte di giallorosso, chissà quanto le ha apprezzate…
Non è un’invettiva nei confronti di un giocatore capace di essere tra i più forti. Però, la sensazione è che per far stare bene Adriano e vederlo in splendida forma, troppe variabili debbano verificarsi. Che, tradotto, significa scommettere oggi su un calciatore capace di garantire il salto di qualità. Oppure, in grado di assicurarti il salto di quantità (la bilancia, il cibo, la bottiglia). In ogni caso, quello di Adriano pare – oltre che una bella puntata – anche un azzardo che – magari – una squadra con progetti sulla carta potrebbe anche decidere di non portare avanti. Affidarsi, ora, alle sensazioni di Claudio Ranieri (e magari all’influenza positiva della colonia brasiliana) pare doveroso ma il sacrosanto dubbio che un club finito secondo di un’unghia e candidato a essere una delle squadre che più possa insidiare lo strapotere dei nerazzurri dovrebbe decidere di andare sul sicuro, rimane. E, in questo momento, Adriano non sembra una certezza. Pare, semmai e mi ripeto, una scommessa: ma che debba essere la migliore rivale dei cannibali ad affidarsi a una scommessa, è una logica che non convince molto. Mentre – sarà pure più vecchio, meno Fabuloso – il Napoli pare fare carte false per assicurarsi le prestazioni di una certezza come Luca Toni. Ecco: credo solo che non sia il momento di prendersi dei rischi ma di procedere con la testa sulle spalle. E spero fortemente di sbagliare…


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