Nato il 17 settembre di 24 anni or sono, il valdostano Paolo De Ceglie sembra essere – al pari del compagno di squadra, Sebastian Giovinco – il classico talento incompiuto. E dire che il biglietto da visita di questo bel ragazzone alto 1.84m era di tutto rispetto: poker di reti all’Inter Primavera nella finale, stravinta dai bianconeri, di Supercoppa Italiana 2006 (finì 5-1). Anche gli inizi in prima squadra facevano ben sperare: esordio in Serie B (era l’anno del post-Calciopoli) contro il Napoli il 6 novembre, gol una settimana più tardi nel 4-1 inflitto al Lecce e investimento della società, che lo spedisce a Siena a farsi le ossa l’anno successivo. Al termine di un campionato maiuscolo, De Ceglie torna dalla comproprietà toscana (la Juventus dovette sborsare 3,5 milioni di euro) e diventa una pedina importante per Ranieri, che sul binario sinistro alterna nei due ruoli Molinaro, Nedved e – appunto – Paolino.
Veniamo dunque al disastroso 2009-’10: De Ceglie viene promosso al ruolo di titolare quando Molinaro finisce ai margini (con Ferrara) e Grosso non convince appieno (gestione Zaccheroni). La promozione, però, viene spesso messa in discussione sul campo, con De Ceglie incapace di inserirsi nei meccanismi difensivi nonostante la buona volontà. L’impressione è che il giocatore si esprima al meglio quando viene schierato, come ai tempi della Primavera, sulla linea dei centrocampisti, dove la buona corsa e il tocco di palla gentile ne fanno un’ottima ala con il vizio del cross vincente. Da tempi recenti si parla di un interessamento della Roma nei confronti del bianconero: la società capitolina punterebbe su di lui per ringiovanire la rosa e puntare su un talento in grado di garantire la copertura del ruolo per molti anni. Qualche giorno fa il procuratore di De Ceglie, Carlo Pallavicino, ha ribadito che, nonostante l’assenza di contatti con il club giallorosso, “è ancora molto presto per pronunciarsi rispetto alla permanenza o alla partenza di Paolo“.
