Montella: “Grazie Roma per questa opportunità”

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 Da La Roma:

Vincenzo Montella, questo nome era già inserito nel nostro timone (lo schema di tutta la foliazione della rivista, dove vengono indicati i nomi di tutti i servizi del numero). Ma accanto c’era una nota: SG che sta per Settore Giovanile. Mercoledi 16 febbraio infatti  mister Montella per più di mezz’ora ci ha raccontato il suo lavoro con i ragazzi, la formazione dei Giovanissimi Nazionali, i suoi progetti e la grande delusione della sconfitta nella finale Scudetto dello scorso anno: «uno dei miei giorni più brutti, calcisticamente parlando». Domenica 20 febbraio, alla fine della gara di Serie A Genoa-Roma, Claudio Ranieri comunica alla Società le sue dimissioni, “per il bene della Roma” e subito cominciano a girare nomi di possibili successori e su tutti il nome di  Vincenzo. 

Vincenzo come ti sei svegliato questa mattina?
«Bene, molto bene, anche se stanchissimo. In questi due giorni è successo di tutto e un po’ alla volta comincio ad abituarmi all’idea. Solo poco fa sono potuto andare a salutare i miei ragazzi, la mia ex squadra dei Giovanissimi, perché l’altro ieri non erano a Trigoria. Sono molto legato a loro e con mister Catini sono in buone mani!».

Hai detto che ti sei emozionato più al fischio finale che non al tuo ingresso in campo…
«Sì, mi ero già seduto tante volte in panchina nella mia carriere di calciatore… più di  molti allenatori di Serie A! Invece al fischio è stata una liberazione, tutta la tensione  è scesa ed è improvvisamente diventato realtà quello che avevo sperato prima o poi  accadesse».

Non possiamo non fare un accenno a quello che è accaduto nei giorni prima. Ci racconti come è andato il tuo passaggio da allenatore dei “piccoli” a quello dei “grandi”?
«Nei giorni precedenti alla gara contro il Genoa ha cominciato a girare il mio nome: devo essere sincero, da subito ho sperato che accadesse, ma per non rischiare di rimanere deluso, ho cercato di non pensarci e di continuare a lavorare con la mia squadra».

Poi cosa è accaduto?
«Quando ho ricevuto la chiamata della Società, che ci tengo a specificare per correttezza verso Claudio Ranieri è arrivata dopo le sue dimissioni, mi sono preso il tempo per pensarci e poi ho comunicato loro la mia decisione di accettare».

I tuoi pensieri in quelle poche ore?
«Ho cercato di evidenziare tutti gli aspetti negativi che mi potevano accadere, in modo da poter affrontare più preparato le difficoltà che troverò sul cammino. Anche se poi, a dire il vero, le situazioni variano molto velocemente e gli imprevisti  vanno effettivamente affrontati a mano a mano che si verificano. La mia è stata una scelta, consapevole, presa con serenità e determinazione. Professionalmente non erano  questi i miei programmi, ma alla chiamata della Società non ho saputo dire di no: era il  massimo che mi potesse capitare. Se avessi dovuto scegliere tra varie squadre avrei  certamente preferito la Roma. Poi nella mia storia con questo club sono ho già vissuto  emozioni forti. Ad esempio nella gara Roma-Arsenal (11 marzo 2009, n.d.r.), sono entrato al 120’ solo per tirare il rigore e avevo solo da perdere, ma io alla Roma non so dire di 
no! Peccato che il mio gol non sia stato sufficiente per passare ai quarti di quella  Champions!».

A chi ti senti di dover dire grazie? 

«Alla Società che ha creduto in me, alla famiglia Sensi e ai dirigenti della Roma che mi  stanno appoggiando in tutto e per tutto. Due anni fa sono stati Bruno Conti e Daniele Pradè a spingermi a fare l’allenatore, quindi è anche loro la “colpa” di tutto questo!».

E in famiglia cosa ti hanno detto?

«Ho tutto il loro appoggio, come sempre. C’è chi, come mio padre, la vede come la cosa più normale del mondo e chi invece vorrebbe proteggermi da eventuali delusioni. In più… da lassù c’è una persona che fa il tifo e che sarebbe stata fiera di me».

Troppi pochi giorni per poter fare un primo bilancio?
«Certo, ci vorrà del tempo perché si riesca ad entrare bene in sintonia. Ho la fortuna che con molti di loro ho già giocato, li conosco da “compagno di squadra” ed è importante. Quello che ho detto ai giocatori fin dal primo giorno è che cercherò sempre di parlare con loro, di tenere costante la comunicazione tra noi anche se poi alla fine le scelte dovranno necessariamente essere mie».

Su cosa hai voluto lavorare sin da subito? Quali sono per te gli aspetti più importanti?
«Credo che sia necessario che tutti si sentano liberi di esprimersi al meglio, sempre nel rispetto dei ruoli. Poi sto lavorando sulla difesa perché è indubbio che esiste un problema: troppi gol subiti e molte volte il calo di rendimento avviene nel secondo tempo, altro aspetto importante su cui impegnarsi. Ci sono alcuni giocatori 
importantissimi per il mio tipo di gioco e per questo ho chiesto loro di stringere i denti. Insomma, sento di avere l’appoggio del gruppo e tutti hanno la voglia di lavorare duro per risalire la china. Siamo ancora impegnati su tre fronti: in campionato mancano molte gare e i giochi non sono ancora fatti. E poi c’à anche la Coppa Italia, con la classica sfida contro l’Inter».

La squadra come ti chiama, Vincenzo o Mister?
«Appena entrato in spogliatoio per togliere ogni imbarazzo ho detto che avrebbero potuto chiamarmi come preferivano, ma mi sento molte volte chiamare Mister e spesso non mi giro!».

C’è un allenatore a cui ti ispiri o che ti ha dato di più?
«Forse Torre Donati, quando giocavo nella Primavera. Ma devo dire che ogni allenatore mi ha lasciato qualche cosa, anche le persone con cui ho avuto un rapporto travagliato».

Oggi hai un Vincenzo Montella in squadra? In chi ti rivedi?
«No, loro sono molto più forti di me! Ognuno con le proprie qualità».

In conferenza hai sottolineato come sia cresciuta questa Società in questi dieci anni: come vivi questo particolare momento?
«Con estrema serenità, i dirigenti sono vicini alla squadra che sente il loro sostegno. La strada intrapresa credo sia quella giusta. Siamo una Società che ha nel suo organico giocatori molto forti che possono fare bene. E credo che il tempo ci darà ragione».

A tutti è piaciuto il lancio fatto il giorno della conferenza stampa di presentazione, quando hai detto che per la prima volta saresti andato in panchina contento, e che hai molte più “panchine” di tanti allenatori di serie A. La tua serenità e determinazione credi sia percepita dai giocatori?
«Credo proprio di sì. Il mio compito non è quello di creare dei campioni, dato che in squadra ci sono professionisti seri e affermati. Sono qui per far recuperare loro un po’  di stima in se stessi, per lavorare con la massima concentrazione e per cercare di arrivare a fine stagione in una posizione consona per questa Società. Non faccio progetti a lunga scadenza, affronto gara dopo gara, cercando di studiare al massimo l’avversario per cercare di farci trovare pronti e soprattutto evitando di dare al nostro avversario minor punti di riferimento possibili».

Che farai a fine stagione, regalerai a tutti un libro come hai fatto con i Giovanissimi 
in passato?

«Non saprei. Lo scorso anno ho voluto ringraziare cosi i miei ragazzi dopo la finale Scudetto persa. È stato un anno importante per me ma anche per loro, a quell’età sono situazioni che si verificano solo una volta»


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