Mancini su Totti: “Mi rivedo nel Capitano della Roma”

di Redazione Commenta


Roberto Mancini su Francesco Totti: l’ex tecnico nerazzurro – tra i candidati alla sostituzione di Marcello Lippi nel caso in cui il viareggino decidesse di lasciare la Nazionale – si confida sulle pagine de Il Messaggero e dice di notare più di una affinità tra sè e il Capitano della Roma, con poche differenze nei dettagli.
Fosse per il Mancio, inoltre, Totti e Antonio Cassano sarebbero riferimenti indiscutibili della compagine azzurra.
L’articolo:


Un campo di calcio come uno specchio. Roberto Mancini lo guarda con attenzione e vede riflessa l’immagine di Francesco Totti. “Questo qui è proprio come me”. Non c’entra il look, il modo di presentarsi o di parlare. “Sto parlando del giocatore e basta”. Una certezza che l’ex allenatore dell’Inter, oggi disoccupato eccellente, ha da anni. Cominciò quando ancora era calciatore, incrociando il capitano giallorosso da avversario o semplicemente seguendo le sue gesta alla televisione, e resta della sua idea ancora oggi, il giorno dopo la prima tripletta in campionato all’Olimpico del romanista. I due hanno solo un numero in comune, quel 10 che li identifica non solo davanti all’arbitro, all’avversario o al pubblico ma anche nel ruolo di calciatori universali. Il gol in testa, in prima persona o comunque per gli altri. Artisti geniali e finalizzatori spietati.
Al telefono c’è Mancini o Totti?
“Ormai faccio l’allenatore, lui ancora ha la fortuna di giocare”.
Perché dire Francesco o Roberto è la stessa cosa?
“Io ne sono convinto da sempre. Siamo molto simili, quasi uguali. E’ una questione di caratteristiche, le più evidenti. Assist e gol, da lì non si scappa. Io pensavo a quelli, lui anche. E aggiungo un’altra cosa: le nostre intuizioni in partita, per agevolare i compagni. In più la nostra carriera: lui sempre con la Roma, io la Sampdoria, anche se poi, per i motivi che si conoscono, lasciai il club blucerchiato per la Lazio”.
La fedeltà per una stessa società, soprattutto nel caso di Totti, non può diventare il silenziatore a una carriera che magari poteva essere pirotecnica?
“Lui ha vinto anche il Mondiale con l’Italia, che per un calciatore deve essere il massimo…”.
Il club in cui giochi, però, almeno quello, può incidere sulle tue fortune?
“Certo. Se indossi la maglia di Real, Barcellona, Juventus e Milan hai senz’altro più chances di aggiudicarti premi individuali importanti. E sicuramente è scontato conquistare con la tua squadra più trofei. In assoluto vinci di più. Lui, anzi noi abbiamo scelto diversamente nella nostra vita professionale”.
Cioè?
“Essere la bandiera di una squadra. Francesco addirittura più di me, non avendo mai cambiato colori. E non è una cosa da sottovalutare. Ha la sua importanza riconoscersi in una società e in una città. Quando vinci con un club di primissimo piano, sei solo uno dei tanti. Perché lì ci sono riusciti tutti. E’ il club che trionfa. Mentre nella Roma c’è lui e basta. Lui, altri due o tre nella storia. Io ci sono passato alla Sampdoria e so quanto vale essere sempre al centro dell’attenzione nel bene e nel male”.
Spesso, e accadde anche con il Mancini calciatore, Totti è stato criticato per l’atteggiamento in campo. Giuste certe sentenze sui suoi (vostri) comportamenti?
“A me davano fastidio. Perché penso che non sia corretto giudicare una persona se non la conosci bene. Non sai se è timido o altro, ad esempio”.
Quando vi siete affrontati, magari in un derby, avete mai avuto discussioni? Vi siete beccati o semplicemente provocati?
“In campo ci sono situazioni che possono portarti ad avere problemi con un avversario o un compagno. Ma sono cose veloci che finiscono lì. Io, poi, l’ho sempre guardato in un modo diverso da tanti altri”.
In che senso?
“Io l’ho sempre apprezzato per i suoi colpi e guardavo quelli. A parte che lo considero un bravo ragazzo, ma io ho giudicato, incontrandolo anche da tecnico, solo il campione”.
Ancora sulle critiche: a volte siete stati etichettati come lavativi durante la settimana. Chi ha classe, in allenamento non fatica?
“Io posso garantire che, soprattutto a una certa età, non puoi permetterti di non sudare. Io lavoravo molto più di altri, perché per restare a quei livelli, evitando brutte figure, non puoi fare diversamente. Francesco ha avuto problemi fisici seri che io fortunatamente non ho conosciuto, ma è sempre decisivo, ieri come oggi. I numeri sono i suoi, quindi…”.
E in partita quanto lavoravate per gli altri?
“Tanto. Noi siamo atipici come attaccanti. Prendete Totti che appunto non è un centravanti classico: difende palla, fa salire i compagni, conquista punizioni e tiene corta la squadra. Basta?”.
Totti ha alzato la coppa del mondo a Berlino, ma ha sempre avuto un rapporto tormentato con la Nazionale. Come Mancini del resto. Da che cosa sono dipese le vostre difficoltà al momento di vestire la maglia azzurra?
“Sono epoche diverse. Io ho debuttato presto con Bearzot e all’inizio ho sbagliato io. Errori che hanno pregiudicato la mia avventura con la Nazionale: ho perso un Mondiale e un’Olimpiade. Poi non mi sono preso con alcuni allenatori. E a quei tempi contava il potere del club: io ero della Samp. Il suo feeling è stato decisamente migliore: la Roma negli ultimi quindici anni è sempre stata ai vertici del nostro calcio”.
Il capocannoniere Totti in azzurro ha realizzato solo 9 reti in 58 gare. Non sono poche per uno come lui?
“La Roma ha lui come punto di riferimento, in Nazionale sono in tanti. Non è dunque strano. Con la maglia giallorossa ha sempre segnato”.
Anche recentemente ha detto che lo porterebbe al mondiale. Conferma?
“Chi fa la differenza con me gioca sempre. E’ l’arma in più per vincere”.
E lo schiererebbe con Cassano?
“Li ho avuti avversari e in tandem, quando ero alla Lazio. So che cosa possono fare insieme, magari con un centravanti. Poi è chiaro che conta l’equilibrio della squadra”.
Qualcuno è contrario a Totti in Nazionale, essendo stato lui a chiamarsi fuori. Che ne pensa?
“E che vuol dire? In quel momento, dopo l’infortunio, non ce la faceva a giocare tante partite. Ora, guardate come sta. La lista comunque la fa Lippi, non Mancini”.
E’ vero che ha sempre pensato e ragionato da tecnico?
“Sì, sapevo prima di smettere che avrei poi fatto l’allenatore. Non so che cosa deciderà Totti”.
Lei ha smesso a 36 anni, Totti ne ha 33. Può giocare almeno quanto Mancini in serie A?
“E perché no? La tecnica superiore lo aiuterà a vita, anche facendogli superare i guai fisici. Quei colpi non li perderà mai”.
Una differenza tra voi?
“Il tiro. Lui calcia più forte e io più preciso”.


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