Livorno 2009/10: rosso il cuore, in rosso la classifica

di Redazione Commenta


AVANTI LIVORNO, ALLA RISCOSSA – La rossa Livorno, città operaia che ha dato i natali al Partito Comunista Italiano (1921, alla presenza di Antonio Gramsci), è uno degli ultimi baluardi di una fetta d’Italia in via di estinzione. Affacciata sul mar Ligure e specchiata su un porto che con il passare dei decenni è diventato riferimento imprescindibile e attributo fondamentale – la portuale Livorno – non solo per delinearne i confini geo-fisici ma anche per evidenziare caratteristiche socio-economiche della provincia toscana (il porto che dà da mangiare e che conserva miracolosamente intatta una classe sociale, proletaria, altrove già svanita da un pezzo).
La politica e l’economia; la quotidianità e il calcio giocato: ogni dettaglio labronico riconduce all’altro in un connubio inossidabile. Centosessanta mila abitanti (boom demografico negli anni ’70, poi un inesorabile spopolamento che non si è ancora arrestato), patria di numerosi personaggi celebri – si comincia con Amedeo Modigliani e si arriva fino a Carlo Azeglio Ciampi – la città si sviluppa su una superficie di quasi 105 km quadrati ed è suddivisa in cinque frazioni (Castellaccio, Gorgona, Limoncino, Quercianella, Valle Benedetta).
Vegliata giorno e notte da Santa Giulia dalle mani angeliche – patrona di Livorno, a breve distanza dal Duomo si trova la chiesa dedicata, edificata nel XVII secolo; festa patronale il 22 maggio – la città respira in italiano e parla utilizzando il vernacolo livornese, variante del toscano nord-occidentale, che tra le caratteristiche più evidenti ha le realizzazioni molto aperte delle vocali medie e la /k/ scempia intervocalica che viene completamente omessa. La mi’ ‘asa, dicono a Livorno per indicare il domicilio di riferimento. Simbolo indiscusso della cultura italiana da sempre – basti pensare che la città che fu scelta dai fratelli Lumière durante la loro prima tourné transalpina, era la seconda metà dell”800 – Livorno porta con sè la storia di un popolo povero, fin di secoli che hanno seguito l’Alto Medioevo.
Popolaresca è la sua cucina a base di pesce e pomodoro, pittoreschi e genuini i suoi abitanti. Viscerali. Cocciuti. Uniti, da passioni che non sono l’emblema di specificità individuali ma l’insieme di una entità cittadina da cui non si riesce a prescindere. La politica innanzitutto, con quel Rosso che colora in maniera indelebile anche l’aria che filtra: i Compagni livornesi sono riusciti a tingere di rosso pieno ogni ambito di interesse. Il calcio, ovviamente, non sfugge alla regola.
A.S. LIVORNO CALCIO – Tutto ha inizio nel 1915, con la fusione tra Virtus Juventusque e Spes, da cui ha origine l’Unione Sportiva Livorno. La squadra, nel primo anno di campionato, sfiorò il tricolore grazie alle prodezze di Mario Magnozzi: in finale contro l’Inter, i labronici dovettero fare i conti con la malasorte, e soccombettero per 3-2. Dal 1929/30, la serie A con una salvezza anticipata. Dal 1930/31 al 1950/51, vi fu un’altalena contunua tra massima serie e cadetteria, fino a che – siamo nella stagione 1951/52 inizia il calvario della serie C che – eccezion fatta per le promozioni e immediate retrocessioni verso e dalla serie B – dura fino a qualche annata fa.
Lasciata definitivamente la serie di bronzo nel 2001/02 grazie alle reti e alle magie di uno dei calciatori rimasti nel cuore del tifo amaranto – Igor Protti – il Livorno risale in cadetteria e riesce a ottenere – Protti nuovamente capocannoniere – la storica promozione in serie A. Dopo la bellezza di 57 anni, di nuovo ai vertici del calcio che conta. E’ la stagione 2003/04, i labronici approdano alla serie A nell’anno in cui Silvio Berlusconi stava per vivere il suo terzo anno (del terzo mandato) quale Presidente del Consiglio. Le due cose non possono essere dissociate perchè la curva livornese canta con il pugno sinistro alzato e intona Bella Ciao ad ogni partita.
L’emblema del potere e del centro-destra italiano è bersaglio preferito dai livornesi anche allo stadio. Memorabile la trasferta di San Siro, in casa del Presidente del Milan – sempre Berlusconi – con l’esodo in massa di oltre diecimila livornesi assiepati lungo tutto il raggio del primo anello del Meazza. Una buona fetta di Livorno si presentò con una bandana sulla quale c’era scritto: “Silvio, stiamo arrivando“. C’erano Protti e Cristiano Lucarelli, Vidigal e Amelia, Vargas e Vigiani. In panchina, quel Livorno, aveva Franco Colomba: 2-2 contro i rossoneri (doppietta di Lucarelli), costretti a inseguire per due volte. La massima serie e il Livorno vanno in assonanza fino al 2007/08, altra retrocessione. Cui ha fatto seguito l’immediata risalita, stavolta a suon di gol messi a segno da Francesco Tavano (ex gialllorosso).
CRISTIANO LUCARELLI – Uomo simbolo della città e della squadra, il livornese Lucarelli divenne l’emblema di un calcio d’altri tempi – quello fatto di Bandiere e calciatori attaccati alla maglia – quando scelse di rifiutare un contratto a peso d’oro (dal Torino) per accettare di giocare con i colori della propria squadra (scrisse un libro, Tenetevi il miliardo). Era l’estate 2003: Lucarelli parte dalla B e piazza 29 gol in 41 partite riportando il Livorno in A. Ancora decisivo nella massima serie: reti che gli permettono di salvare la posizione acquisita dal club di Aldo Spinelli, conquistare la classifica cannonieri e una maglia della Nazionale italiana. In amaranto fino al 13 luglio 2007, Lucarelli sceglie poi di emigrare in Ucraina, alla corte dello Shakhtar Donetsk: 9 milioni di euro al Livorno, 4 milioni per 3 anni al bomber.
La scelta fa discutere la città: chi crede che abbia tradito, chi lo sostiene a oltranza – come fanno i genitori con i figli -; lui dirà di aver agito per fare qualcosa in favore dei suoi concittadini. I soldi prelevati, infatti, serviranno a fondare un giornale (“Il Corriere di Livorno“, ancora in edicola) e una cooperativa di lavoratori legata allo storico porto. Dissidio con la tifoseria che cresce nel 2008, quando dall’Ucraina Lucarelli decide di sbarcare alla corte del Parma: il 16 marzo 2008, in occasione di Livorno-Parma, l’Armando Picchi è tutto fischi e insulti per il suo ex protetto. Che è tornato a Livorno nel corso dell’ultimo mercato estivo: riparte dai 101 gol in partite ufficiali ma in questa stagione non si è ancora sbloccato.
2009/10. Il campionato del Livorno non è partito sotto i migliori auspici. Fin dalla campagna di rafforzamento, nel corso della quale Aldo Spinelli non ha certo fatto follie. Tutt’altro. Puntando sul ritorno di Cristiano Lucarelli e sulla permanenza di Ciccio Tavano (entrambi sottotono fino ad oggi), ha rinforzato l’attacco con il rientro di Tomas Danilevicius e l’acquisto del promettente argentino Gaston Cellerino, fino a qui un fantasma. Francesco Benussi e Alfonso De Lucia hanno il compito di proteggere i pali.
La retroguardia è affidata all’esperienza di Fabio Galante, Mirko Pieri e Leonardo Miglionico attorno ai quali ruotano promesse del calibro di Dario Knezevic e Romano Perticone; in mediana, le chiavi di regia stanno nelle mani di Nico Pulzetti e Martin Bergvold, coadiuvati da Davide Marchini, Antonio Candreva, Cristian Raimondi e Mozart. Del reparto offensivo, s’è detto. L’intera squadra alle dipendenze, fino all’ottava di campionato, di Gennaro Ruotolo. Appena esonerato per scarsi risultati.
LA CLASSIFICA – Alla base del cambio di allenatore, una classifica che vede i labronici all’ultimo posto. Tre punti all’attivo guadagnati con altrettanti pareggi (contro Cagliari, Milan e Siena); cinque sconfitte (in esterna contro Napoli, Juventus, Bologna; in casa contro Fiorentina e Livorno). Ancora zero alla voce vittorie. Pesanti anche i dati relativi alle marcature: ben dieci quelle subite, appena due i gol realizzati. Da qui, appare evidente la difficoltà dei labronici di costruire trame pericolose e, ancora di più, quella di concretizzare il gioco prodotto.
Che la difesa sia un colabrodo, lo si può sostenere fino a un certo punto, visto che squadre di maggiori ambizioni (vedi Genoa, Roma, Napoli e Udinese hanno un numero maggiore di reti incassate). Il compito del nuovo tecnico, Serse Cosmi, sarà prprio quello di riportare a Livorno concretezza e attenzione. Un lavoro psicolgico, prima ancora che tattico, che molto somiglia, nella forma, a quello di Claudio Ranieri con la Roma. Anche perchè a Livorno, forma e sostanza non possono non coesistere. Lo insegna la Storia. In bocca al lupo, Serse Cosmi alla riscossa. Bandiera amaranto, la trionferà?
FORMAZIONE ANTI-ROMA – Per ora, Cosmi non si è sbilanciato ma è facile prevedere che si affidi agli storici del club per riprendere in mano una situazione compromessa. Eppure il neo tecnico del Livorno deve fare i conti con le assenze: non avrà a disposizione Mozart e Rivas, mentre dovrebbe recuperare Pieri. Tavano, non è al meglio e potrebbe essere risparmiato in vista del turno infrasettimanale di mercoledì contro l’Atalanta. In attacco Lucarelli verrà affiancato dal ‘giallorosso’ Candreva.


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