Ranieri: “Scudetto? Sarebbe un guaio non sognare”

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 L’intervista al tecnico giallorosso Claudio Ranieri rilasciata a La Repubblica:

Storia di una rimonta. “Ma niente emotività, l’Inter ha un altro passo” . Mourinho? Mai trovato un giocatore che parli male di lui, anzi. Significa che c’è un Mourinho nello spogliatoio e un altro mediatico. La Juve? A me parlarono di un progetto in cinque anni. Il primo forse aveva illuso tutti. Ma chiusa una porta, mi si è aperto San Pietro
Claudio Ranieri, complimenti per la Roma, ma come la mette con l’Inter a +9?
“Non mi faccio coinvolgere nell’emotività. L’Inter ha un altro passo: ha investito negli anni, ora investe e raccoglie bene, e ripetersi non è facile. La Roma fa contenta la gente, in mezzora finiscono i biglietti per Firenze, si sogna: ma non abbiamo fatto nulla. Se saremo tra le prime 3 festeggerò, prima no. Penso a Palermo, Coppa Italia ed Europa League: lavorare e mantenere l’equilibrio dunque. Spesso chiedo ai ragazzi: ricordate le bombe carta dentro Trigoria alle due di notte?”
Una vita lontano da Roma.
“Partii 35 anni fa. Non mi pare vero lavorare dove vivo, anche se al mattino esco e ci metto un’ora a venire a Trigoria”.
All’estero era “romano all’estero”?
“No di volta in volta spagnolo o inglese. A Londra ho casa. Fuori diventi anche un po’ più italiano, però sono diventato pure un tecnico internazionale”.
Eppure dicono: Ranieri “romano e romanista”.
Vero, ma anche un po’ riduttivo”.
Totti? Ranieri non guarda in faccia nessuno?
“Il rapporto va oltre allenatore-giocatore. C’è feeling, basta un’occhiata. E’ un giocatore eccezionale, sa che quando non sta bene non può fare il vero Totti, dopo tanti infortuni va gestito. Sa che scelgo per il suo bene”.
Bella rivincita la sua dopo l’esonero alla Juve.
“A me le cose non andarono male. Due stagioni magnifiche, ero amareggiato perché qualcuno non ha saputo riconoscere il mio lavoro. Ma forse ora l’avrà riconosciuto…”
Tornerebbe all’estero?
“Voglio rimanere a Roma a lungo, pianificare, vedi Okaka al Fulham per crescere. Sono sensibile: quando capirò che è arrivata l’ora toglierò il disturbo. L’estero mi affascina sempre”.
Si è parlato anche di nazionale italiana.
“Prima di chiudere vorrei allenare una nazionale. Ma ora c’è la Roma, non è il momento”.
Una fortuna l’esonero della Juve…
“Quando si chiude una porta magari si apre un portone, non pensavo fosse quello di San Pietro”.
Alla Juve volevano vincere subito, impossibile?
“A me parlarono di 5 anni, il primo forse illuse tutti”.
A Roma dicono scudetto in 2-3 anni.
“Sarebbe un guaio non sognare. Poi c’è la realtà. La forza dei soldi è importante. Vincere è questione di forza economica e dettagli: essere furbi, estrarre il 100% da tutto. Se approvassero la norma Platini e cioè non spendere più di quanto si incassa, la Roma sarebbe già attrezzata”.
L’allenatore è spesso un santone, il suo amico Mourinho è molto diverso da lei.
“Mah, io credo che devi curare tutto e avere feeling con lo spogliatoio: se ce l’hai guadagni il 10-20%. Non esistono i calciatori che ti giocano contro, il guaio è la mancanza di feeling. Mai trovato un giocatore che parli male di Mourinho, anzi. Significa che c’è un Mourinho nello spogliatoio e un altro mediatico. E’ stato chiamato per vincere la Champions ma anche rivincere lo scudetto non è facile. Mancini è stato bravo a dare all’Inter l’organizzazione vincente, Mou bravo a continuare”.
Lui uno show in panchina, lei tranquillo e sempre in piedi.
“Questione di carattere. Mai seduto in panchina io, sto lì davanti perché così partecipo al gioco. Per me la panchina non scotta mai…”
Vigor Lametia, Campania, Cagliari: rivendica la gavetta.
“I big in C non andavano, portai il Cagliari fino alla A. Come ex buon giocatore di A ma non un campione, la gavetta ho dovuto farla per forza. Ma non ho invidia per chi la gavetta, come Mancini, Guardiola, Ferrara, Leonardo non l’ha fatta: erano campioni, giusto avessero la possibilità”.
Il simbolo della nuova Roma è Julio Sergio il terzo portiere che diventa protagonista. Perrotta, Taddei & C sono rinati.
“Julio Sergio aveva già esordito con Spalletti, io vidi solo che i gol presi non erano colpa sua. Il rilancio non è merito mio, ma dei giocatori che non hanno mollato. Sanno che mi accorgo se uno merita il posto”.
Si diceva: Ranieri fa il 4-4-2, ma non si è visto.
“Al Cagliari, 20 anni fa, passavo da zona a uomo nella stessa gara. Il modulo vincente non esiste. Al Napoli non stravolsi certo il modulo previsto per Maradona. Zola dietro le punte e via”.
Si dice: la Roma ha vinto tanto, prima o poi…
“Non me ne frega niente. I risultati vanno messi da parte: l’importante è fare tutto il possibile per prepararti e per vincere la partita. Se hai questa mentalità la sconfitta non ti sconvolge”.
Si dice: Roma fortunata.
“Ben venga. Barzelletta? Un disgraziato va sempre in chiesa a pregare per vincere alla lotteria. Alla decima volta sente: io ti farei vincere pure, ma almeno compra il biglietto!”
Stress?
“Sono equilibrato, ne soffro poco. Vengo qui al mattino, lavoro, allenamento, riunioni, se ho partite in dvd le vedo qui per stare concentrato, ma niente lavoro e stress a casa”.
Italia, Spagna, Inghilterra: il posto migliore per allenare?
“Per me l’Inghilterra. Abramovich non l’ho quasi mai visto, avevo 3 anni di contratto e dopo 15 mesi me ne fece uno da 5 anni”.
Negli anni ’90 il Valencia le cambiò la vita.
“Ero un allenatore all’italiana, non pensavo di diventare uno zingaro del calcio internazionale. Per la mia famiglia fu dura, mia moglie faceva avanti e indietro dall’Italia”.
Fino a che età continuerà?
“Fino a quando mi divertirò e conserverò un buon rapporto con i giocatori. Ammiro la vitalità del Trap. Mou ha detto che ho 70 anni, per cui mi tocca arrivarci no?”
Degli allenatori che ha avuto a quale somiglia?
“A nessuno e a tutti. Ho avuto Herrera, Scopigno, Liedholm e altri. Il più grande il Mago: avanti anni luce, voleva una velocità pazzesca, ti fulminava se solo correvi male. Darebbe filo da torcere pure oggi”.
Allenatore padre-padrone.
“Allenatori diversi da oggi. Ma in Inghilterra il coach è padre-padrone: decide su tutto, stabilisce il futuro, segna le carriere. Ferguson ha messo anni a diventare un grande. Ora capita che vada al campo e nemmeno alleni perché ha altro da fare: però controlla tutto dall’ufficio con i finestroni sui campi”.
Anche Ranieri era così in Inghilterra?
“No. Mai voluto maneggiare soldi”.
Ora ce ne sono tanti di tecnici italiani in Inghilterra.
“E’ la scuola migliore, gli italiani hanno una cultura “giapponese” del lavoro. Però prima eravamo tutti mammoni…”


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