Bandiere nel calcio: la soluzione o il problema?

 Dilemma vecchio e disquisito abbondantemente. Eppure, non ci si stanca mai di affrontarlo: quanto incidono le Bandiere delle sqadre di calcio ai fini del club? Sono solo un patrimonio inestimabile o rischiano di diventare zavorra nel corso della stagione, in fase di calciomercato, man mano che invecchiano? Per un Raul (Real Madrid) che saluta la Spagna dopo una carriera tra i Blancos, vi sono poi uomini simbolo (leggi Francesco Totti, Alessandro Del Piero) che finiranno la carriera nel club in cui hanno militato per una vita. Ma, a conti fatti, è un bene o rischia di trasformarsi in grosso limite. Ne parla La Stampa, edizione odierna:

Meglio bandiera che banderuola, naturalmente. Se il calcio è diventato il più suggestivo dei romanzi popolari, molto si deve ai simboli che hanno consentito ai tifosi di identificarli, e identificarsi, nelle squadre del cuore. Meglio bandiera, a patto di non fare prigioniero il club. L’onnipotente Spagna di questo periodo offre argomenti su cui riflettere. Oggi si decide la sorte di Raul. La leggenda del Real Madrid è sul punto di accordarsi con lo Schalke 04. Raul Gonzalez Blanco, madridista dal 1992: 3 Champions League, 2 Coppe Intercontinentali, 6 campionati, record di presenze e di gol. Con Raul, lascia anche Guti, 34 anni a ottobre e da quindici al Bernabeu. Sarà stato l’arrivo di José Mourinho, saranno stati i calcoli dei diretti interessati o gli scrupoli di Florentino Perez. Morale della favola: tagli dolorosi, ma netti. Raul, per la cronaca, ha 33 anni. Paolo Maldini si ritirò a 40. Francesco Totti, lui, va per i 34 (li compirà a settembre) e Alessandro Del Piero per i 36 (li festeggerà a novembre). Totti e Del Piero incarnano la storia della Roma e della Juventus, società dalle quali tanto hanno avuto e alle quali tanto, anche sul piano degli infortuni, hanno dato. Nell’ultimo torneo hanno segnato, rispettivamente, quattordici e nove gol. La mediocrità è così diffusa e radicata che potranno giocare serenamente fino agli «anta», demolendo il muro delle duecento reti in serie A.
Non è in discussione il patrimonio di affetto, di talento, di tradizione che riassumono. Se mai, il futuro che dall’alto delle carriere e del logorìo tengono in ostaggio. Caschi il mondo, a Totti piace giocare «libero d’attacco», prima punta: Toni lo ha imparato sulla sua pelle, ora tocca ad Adriano. Del Piero o Diego, ha dichiarato Del Neri. Un piccolo passo avanti rispetto alle ambiguità dell’ultima gestione. Totti è una religione, Del Piero un sentimento. Non si parla di eredi, nel loro caso, ma solo di contratti spalmabili e cariche affittabili. Totti predica anche quando potrebbe farne a meno, Del Piero tace anche quando dovrebbe alzare la voce (penso allo spogliatoio spaccato e al Ranieri silurato: non disse beo). Lo juventino è più «toccabile» del romanista, nessuno studia da leader, entrambi si cibano di episodi e, padroni di troppi destini, continuano a credersi la soluzione e non il problema.

Lascia un commento

Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.