“Angelucci è come Ciarrapico”

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 Da Il Romanista:

Auspico che la politica faccia un passo indietro e che Unicredit sia libera di poter fare la scelta più conveniente per l´As Roma. E più in armonia con la sua storia“. Enzo Foschi è piuttosto demoralizzato. Consigliere regionale di area PD, ex delegato allo sport del Campidoglio, tifoso della Roma, non vuole che Giampaolo Angelucci succeda a Rosella Sensi.
Al “Romanista” lo dice chiaramente. «Ha una storia personale che contraddice quella della Roma». In che senso?
«La famiglia Sensi, e in generale la Roma, possiedono un importante valore di fondo. Quello della trasparenza. Una cessione del club ad Angelucci non andrebbe, mettiamola così, in quella direzione». È un concetto, questo della limpidezza, cui Foschi tiene molto. «Indipendentemente dal fatto che facesse o no risultato, sentivi tua la Roma dei Sensi perché combatteva contro tutto ciò che non è chiaro del calcio. Mi scoraggerebbe tanto se in futuro non fosse più così».

Foschi ha una sensazione: «Temo che in questo momento non prevalgano valutazioni  economiche. Ma di tipo politico. Non si capisce come possa essere più appetibile Angelucci di una multinazionale, che invece non è politicamente condizionabile. Sono preoccupato, perché Angelucci è come Ciarrapico. Ma pure come Lotito. Soggetti fortemente dipendenti economicamente dalla Regione Lazio. Questi sono fatti. Io, al contrario, vorrei avere un management libero».
Non è solo Foschi a pensarla così. Ieri, il consigliere regionale ha lanciato un appello assieme a Massimiliano Valeriani e Marco Palumbo, colleghi consiglieri rispettivamente di Comune e Provincia di Roma, affinché l´As Roma non finisca in mano alla politica. «AAAs Roma – si legge nella nota – cerca acquirente serio e fuori dagli ambienti politici ». Sottolineano i tre consiglieri: «Il futuro della società è sempre più incerto, come sempre più incerto sembra essere il ruolo di Unicredit che non sembra voler accelerare i tempi nel processo di vendita della società. Le intenzioni sulla Roma sono sempre più nebulose e i nomi che circolano nulla  anno a che vedere con i valori portati avanti finora dalla famiglia Sensi e non sono perciò ben visti dalla tifoseria giallorossa. Il legame con la politica di un´ipotetica nuova proprietà sarebbe uno spiacevole déja-vu. In questi anni, con la proprietà della famiglia Sensi e le battaglie dei tifosi giallorossi, ha prevalso il cuore su un certo sistema di fare calcio e ora non vorremmo che la crisi delle casse facesse perdere di vista il fatto che un club di calcio come la As Roma non può essere soltanto speculazione, ma passione e valori che non si svendono».
RICCARDO VIOLA Voce pacata, mai un commento sopra le righe, Riccardo Viola analizza la situazione che sta vivendo l´As Roma con la consueta eleganza. La stessa di papà, l´Ingegner Dino. «Non conosco personalmente Angelucci, quindi non posso dare dei giudizi». Qualcosa però lo ha seccato. Non gli sono piaciute le parole del fratello Ettore, che negli ultimi giorni ha ribadito in più di un´occasione di essere «pronto ad aiutare calcisticamente Angelucci».  piega Riccardo Viola a “Il Romanista”: «Avrei preferito che parlasse come Ettore Viola e non come il figlio di Dino Viola». È l´unica volta che fa il nome del fratello. Cerca di bypassarlo con un pronome indefinito: qualcuno. «Mi sembra che qualcuno si voglia accreditare agli occhi di qualcun altro ». Ecco, è questo che dispiace a Riccardo Viola. «Rifare sempre dei riferimenti al passato mi amareggia. Mio padre non va tirato per la giacchetta. Penso per esempio alla storia dei tre cowboy accerchiati dai 1500 indiani ». La metafora è copyrightdel fratello Ettore, che in un´intervista radiofonica ha descritto così il passaggio di consegne dell´As Roma dai Viola a Ciarrapico: «Fu un assedio a Fort Apache. Nel mio caso eravamo tre cowboys accerchiati da 1500 indiani». Riccardo Viola ha un ricordo diverso: «Noi non eravamo più in grado di amministrare il club. Fu giusto uscire. Ai tempi di mio padre, bastava una gestione familiare. Poi non è stato più così ». Riccardo Viola non teme la cessione ad Angelucci o a u  altro soggetto («ripeto: mi sembrerebbe offensivo parlarne»), quanto il fatto che adesso sia necessario confidare nei capitali stranieri per restare protagonisti sulla scena europea. «Penso all´esperienza inglese. Quando gli stranieri sono andati via, i club sono entrati in crisi. Dovremmo riflettere su qual è il futuro del nostro calcio». Dovremmo rifletterci sopra in assoluto. Indipendentemente da chi prenderà l´As Roma. Parola di Riccardo Viola. Il figlio dell´Ingegnere.


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