Unicredit: Roma o Inter, è uguale. Profumo è nerazzurro

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 Da Il Riformista:

La rimonta della Roma in campionato costituisce un doppio problema per Alessandro Profumo. Da un punto di vista strettamente calcistico l’amministratore delegato di Unicredit, interista sfegatato, come tutti i supporter nerazzurri è agitato per il timore di subire il sorpasso scudetto da parte della squadra guidata da Claudio Ranieri sul fotofinish. Sportivamente parlando la sua banca, che ha coniugato l’anima milanese del Credito Italiano con quella romana di Capitalia, si trova nella privilegiata consizione di chi è felice comunque vada.


La rimonta della squadra giallorossa pone invece al Profumo banchiere un problema di difficilissima soluzione. Unicredit è azionista al 49 per cento della società Italpetroli, che fa capo alla famiglia Sensi al pari della Roma. La banca vanta un credito di oltre 300 milioni di euro nei confronti della famiglia e da tempo chiede il rientro dei debiti. Rientro che non può prescindere dalla vendita forzata di una quota pari a circa il 70 per cento della società giallorossa. Il tema della cessione coatta del club è progressivamente uscito dalle cronache finanziarie e sportive che si sono sempre più focalizzate sulla cavalcata trionfale della squadra di capitan Francesco Totti. Quando i risultati erano scadenti, fino a pochi mesi fa, Unicredit aveva buon gioco a chiedere ai Sensi di vendere la squadra. L’ambiente romanista, fomentato anche dal tam tam delle radio, non vedeva l’ora di girare pagina e sostituire Rosella (giovane presidentessa mai troppo amata da buona parte della tifoseria giallorossa). Oggi sembra improbabile che i diktat di Profumo, legittimamente interessato al rientro di un’esposizione debitoria molto elevata e non garantita, secondo la banca, da asset sufficienti, possano trovare terreno fertile. E non solo perché la cavalcata della squadra giallorossa comporta un recupero delle quotazioni borsistiche del titolo As Roma. I successi romani del tecnico Claudio Ranieri costituiscono un duro memento per Jean Claude Blanc. L’amministratore delegato della Juventus che alla fine dello scorso campionato cacciò il tecnico di Testaccio sostituendolo con Ciro Ferrara, uno dei protagonisti principali della disastrosa stagione bianconera. Domenica scorsa, la vittoria sull’Atalanta ha consentito alla Juve di rimanere attaccata al gruppo in lotta per il quarto posto, l’ultimo utile per partecipare alla prossima Champions League. L’esclusione dalla massima competizione europea avrebbe un impatto, in termini di minori ricavi, stimato in 20-25 milioni di euro. A Torino stanno già studiando come far fronte a questa eventualità. La via più semplice è quella di tagliare contratti pesanti come, ad esempio, quelli di David Trezeguet o Jonathan Zebina che guadagnano 4 milioni di euro netti a testa, cifra che deve essere raddoppiata per dare un’idea dell’impatto degli stipendi sui conti societari. L’addio ai due, senza contare i soldi incassati con la cessione dei cartellini, porterebbe un beneficio nell’ordine dei 16 milioni. Anche la Juve, recentemente, è stata interessata da alcune indiscrezioni relative alla possibile vendita da parte di Exor. Indiscrezioni che sono state immediatamente smentite. Per John Elkann la Juventus fa parte del mandato ricevuto dal nonno Gianni Agnelli, che mai avrebbe accettato di cedere la squadra. Senza contare che le disavventure sportive hanno fatto scivolare la quotazione della società sotto i 170 milioni di euro. Un’inezia se si pensa che a breve alla società farà capo anche uno stadio di proprietà.


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