Perrotta: “I nostri non solo tifosi, ma sono innamorati della Roma”

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 Dal Messaggero:

Deluso, ma orgoglioso. Lui non perde mai, come il tifoso della Roma. E’ il bello di Simone. Perrotta. Cominciamo dalle delusioni. Preferisce partire dalla mancata convocazione per il Mondiale o dallo scudetto sfumato?
«Per me la delusione è una».
Bene. Non voleva andare in Sudafrica? «Ci mancherebbe. Sono onesto: l’esclusione non è sorprendente».
E Lippi come ha motivato la sua esclusione? «Non lo ha fatto, non l’ho proprio sentito. Perché doveva telefonarmi? Senza polemica, senza rancori, va bene così. Credo abbia scelto un buon gruppo».
Mancano Balotelli e Cassano? «Esclusioni caratteriali, mi pare di aver capito».
Passiamo allora alla sua unica delusione, lo scudetto che finisce all’Inter. «Dura, è stata dura da digerire. Dopo Roma-Samp sono stato male per due giorni. E’ stata una delusione fisica. Poi a Parma è ritornata la carica, ci abbiamo ricreduto, pensavamo che qualcosa potesse ancora succedere. Ma erano davvero poche le speranze che l’Inter lasciasse punti a Siena. Infatti…».
Il Siena ha pure provato a opporre resistenza. E certe cose non si fanno… «Mi vuole far parlare del ministro La Russa?».
Qualcosa ha già detto, ci sembra. «Quando l’ho visto saltellare in tribuna con la Coppa Italia in mano non mi ha fatto una bella impressione. Poi, le sua dichiarazioni post Siena-Inter le ho trovate fuori luogo. Lui ricopre un ruolo istituzionale, rappresenta tutti noi».
E magari lo ha anche votato… «Non è una questione politica. Potevo votarlo o non votarlo, mi avrebbe dato fastidio lo stesso. Certe cose non si fanno, non si dicono. Una questione di ruoli».
Così come Totti che scalcia Balotelli e passa come esempio da non prendere. «Beh, sì. Siamo personaggi pubblici, bisogna stare attenti ai gesti. Francesco ha sbagliato quella sera».
Ma Balotelli se le cerca. «Ha un atteggiamento che infastidisce, provoca. Il razzismo non c’entra. Tu non puoi dire «sei finito, sei un vecchietto». Quando ho visto Francesco rincorrere Balotelli ho detto: noooooo. Non lo vedevo scattare in quel modo da parecchio».
Anche Chivu non è stato gradevolissimo quella sera. «Gliel’ho detto subito. Aveva dei rancori verso chi lo aveva insultato prima di andare all’Inter. Ma anche lì, torniamo al discorso degli esempi. Sono gesti che non si fanno».
Però su Totti si esagera, vero? «Direi di sì. Non può fare niente e tutti lo attaccano. A un certo punto, basta. Lui è un simbolo, per quello se la prendono con lui. C’è abituato».
Sta pensando di smettere? «Non lo so, spero di no».
Pure lo striscione nella festa scudetto interista, roba non proprio di classe. «Di cattivo gusto. Tanto continueranno a dire che non se n’erano accorti. E nessuno ha preso provvedimenti. Però quando Totti ha fatto i pollici al derby è stato massacrato. Chi non ha capito quel gesto, non capisce il significato di giocare nella Roma e del derby romano. Qualcuno ha dimenticato che quando la Lazio ha vinto la coppa Italia, i giocatori esibirono una maglia con scritto «zero titoli». Lo chiamano sfottò, è così. Ho rivisto Radu recentemente, mi ha detto che lo sgambetto non voleva farlo a Perrotta, ma a uno della Roma in generale. Niente di personale, insomma. Ma li capisco, volevano vincere per forze, invece… Quella rissa è stata brutta da vedere, ma alla fine niente di che».
Torniamo al campionato. I tifosi festeggiano e ringraziano. Belle sensazioni, no? «Bellissime. Ma qui è normale, non mi sorprende».
C’è chi vi prende in giro: la Roma festeggia il secondo posto. Che ci sarà mai da festeggiare… «In questi anni ho capito che nel calcio esistono i tifosi e esistono i tifosi della Roma. Una categoria a parte, gente di altro spessore. I nostri sostenitori non fanno il tifo, sono innamorati della Roma. E l’amore ti porta a fare cose che razionalmente non pensi mai di fare. A me piace. E in questo contesto vanno accettate anche le contestazioni. L’amore e l’astio di un innamorato. L’orgoglio romano è simile a quello mio, calabrese. Negli anni sono cambiati i nostri tifosi, sono più maturi. Basti vedere come si considera il derby: il laziale vede quello e basta, noi andiamo oltre».
Ma quella rincorsa all’Inter, ve l’aspettavate? «Ma no. Ogni settimana cambiavamo obiettivo. Prima uscire dai bassifondi della classifica, poi il quarto posto, poi il terzo. Quindi siamo arrivati primi. Ma per due giornate».
Il segreto? «Un gruppo fantastico, di amici. Persone che si frequentano anche con le famiglie, che trovano sempre il modo di risorgere. Sono due anni che cominciamo male il campionato e due anni che dimostriamo di non essere finiti, anche se tutti pensano il contrario. I vari allenatori ci hanno messo del loro, ma questo gruppo ha qualcosa di speciale».
Ma prima o poi può succedere davvero, che il gruppo si scarichi. «No, non credo a breve. Abbiamo cose importanti da ottenere. Lo scudetto, ci riproveremo, poi c’è la Champions. Speriamo che arrivi qualche giocatore nuovo a darci una mano. La Roma ha bisogno di qualche ritocco, non tantissimi però. Pochi ma buoni, diciamo».
Lazio-Inter lei l’ha vista? «No. Tanto sapevo come sarebbe andata a finire».


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