Italia, capitani giallorossi: da Fuffo a De Rossi

di Redazione Commenta


 Fulvio Bernardini ha inaugurato la serie, Daniele De Rossi ha contribuito ad alimentarla: la retta dei capitani della Nazionale italiana provenienti dalla Roma ha quali vertici proprio loro due. Fuffo, il primo; Capitan Futuro, l’ultimo. Da Il Romanista:

Daniele De Rossi ha indossato la prima fascia di capitano della Nazionale il 30 marzo del 2005, nel corso di Italia–Islanda quando aveva solamente 21 anni, ma certamente l’investitura con cui lo ha consacrato Cesare Prandelli acquista un sapore quasi inedito nella storia azzurra. Fatte salve le otto presenze da capitano di Luigi Allemandi, vecchio moschettiere fedelissimo di Vittorio Pozzo, tutte le altre “fasce” conquistate dai romanisti in questi 83 anni di storia sono state niente più che exploit episodici. Il primo convocato azzurro della storia del calcio capitolino (la scoperta si deve al mai troppo lodato Vittorio Finizio e alle sue indefesse ricerche negli archivi della Scuola Centrale dello Sport di Via dell’Acqua Acetosa) fu Attilio Ferraris IV.

Attilio fu a disposizione in qualità di riserva per il match con l’Austria, perduto 4-0, che l’Italia disputò a Genova il 20 gennaio 1924. Quando Attilio, ancora per i colori della Fortitudo, debutterà finalmente in Nazionale (il 9 maggio 1926 nel corso di Italia–Svizzera) era stato preceduto da Fulvio Bernardini che aveva centrato il prestigioso traguardo il 22 marzo 1925 contro la Francia. La quasi totalità dei libri dedicati alla Roma (Vittorio Finizio è una delle luminose eccezioni, ma i suoi libri sono purtroppo quasi impossibili da reperire) raccontano che Bernardini venne escluso dalla Nazionale perché “troppo bravo”. In realtà la cronistoria è leggermente diversa, il famoso episodio legato alla discutibile scelta di Pozzo è legato, in realtà, ad un match contro l’Ungheria del 13 dicembre del 1931. Quel giorno accadde una cosa molto semplice, quando già Fulvio aveva indossato maglia e scarpini, Pozzo gli spiegò che quel giorno non lo avrebbe utilizzato perché uno dei suoi compagni, trovandosi in difficoltà economiche, aveva bisogno di giocare per intascare il premio di presenza. Nella stessa gara, tra l’altro si registrò anche il curioso avvicendamento di Meazza, a cui venne preferito Libonatti. Bernardini non accettò i modi e i tempi di quella esclusione (e reagì verbalmente), ma continuò a giocare in azzurro. La fascia di capitano della Nazionale (la prima della storia per un calciatore romanista), arrivò infatti per “Fuffo” il 28 ottobre 1932, quasi un anno dopo l’episodio di Torino. La verità è che Bernardini rinunciò alla Nazionale, proprio nel momento in cui, dopo una militanza di sette anni, rifiutò di ricoprire il ruolo di laterale, considerando la mediana come il suo naturale regno. E’ probabilmente ingeneroso scriverlo, ma Pozzo tra i tantissimi meriti della sua grandiosa carriera (non ultimo quello di aver recuperato Attilio Ferraris IV quando era stato messo fuori squadra dalla Roma a pochi mesi dall’inizio dei Mondiali del 1934), deve annoverare anche la responsabilità di aver privato della gioia mondiale il talento più grande del calcio italiano degli Anni 30. E con tutto il rispetto per capitan Combi, la foto di Bernardini che da capitano alza la coppa Rimet a Roma sarebbe stata di una bellezza che non avrebbe avuto eguali. Da quel galantuomo che era, nel 1967, quando era giornalista della Stampa di Torino, Pozzo si recò nel ritiro della Sampdoria per salutare Fulvio, che allenava i blucerchiati, chiudendo in questo modo quell’antica ferita. Dopo il diamante “solitario” della fascia da capitano di Bernardini del 1932, come anticipato, sarà Luigi Allemandi a raccogliere il testimone non appena passato in giallo-rosso nell’estate del 1935. Nonostante l’eccellente rendimento al servizio della Lupa (soprattutto nel primo anno della sua militanza, quando assieme al compagno di reparto Monzeglio fece scendere le reti incassate da Masetti dalle 38 della stagione 1934/35 a 20 …), le otto fasce azzurre di Allemandi sono meno sentite nella storiografia giallo-rossa per la natura girovaga del terzino campione del mondo. Concluso il suo rapporto con la Roma, infatti, Allemandi passò al Venezia in serie B, non esitando poi ad accasarsi alla Lazio nella stagione 1938/39. La professionalità del campione rimase sempre scolpita nei ricordi dei tifosi di Testaccio, ma probabilmente qualcosa, nel rapporto di affetto e simpatia, andò scemando. Maggiormente sentite, sono state le due fasce collezionate da Pandolfini ai Mondiali del 1954. Nel ritiro di Vevey la situazione ricordava molto quella della Francia ai Mondiali del Sudafrica con il selezionatore Creizler criticatissimo da molti dei suoi giocatori e dai giornalisti al seguito dell’Italia. Nonostante la bufera, dopo l’indisponibilità di Boniperti, “Pandora” conquistò i gradi, cosa che probabilmente la stampa non gli perdonò, tanto che in modo sconcertante Aldo Bardelli, dalle pagine di Stadio, osserverà che, nella decisiva e sfortunata partita contro la Svizzera era stata: «Inesorabile la stanchezza di Pandolfini. Eppure “Gisto” ha corso fino all’ultimo minuto, rifiutandosi di ammettere che le gambe non giravano più a dovere. E sulla panchina c’erano uomini freschi». Dopo i Mondiali svizzeri, con poche eccezioni (i lampi isolati di Losi, Panucci e Perrotta) il libro azzurro della Roma si riempie di rimpianti e interrogativi senza risposta. E’ sconcertante che Bruno Conti, Giuseppe Giannini e Francesco Totti non siano riusciti a guadagnare quei pochi, prestigiosi centimetri di stoffa. Tutto questo, però, fa ormai parte dell’albo d’oro della Roma e della Nazionale. De Rossi, ripartendo dalla fascia di capitano, avrà adesso, nel quadriennio a venire, la possibilità di scrivere nuovi capitoli di questa storia, a partire dai record di maggior numero di presenze e di maggior numero di fasce da capitano per un tesserato della Roma, che sono ormai nel suo mirino. Stimolante è anche il bilancio legato alla bacheca personale di Daniele. Considerando la medaglia di bronzo olimpica e il titolo mondiale, basterebbe un altro successo con l’Italia per consacrarlo come il romanista più vincente di ogni tempo in Nazionale.


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