Nello Stato che ho in mente, le parole di De Rossi l’avrebbe dette un servitore della Cosa Pubblica

di Redazione Commenta


 Non ci si scandalizza più per gli scandali. Ci hanno insegnato – televisione, potere, ignoranza latente (diffusa e voluta) – a non pensare più. A fare come le pecore: accodarci e seguire la massa in movimento. Colpa nostra nella misura in cui – scoraggiati – si è smesso di assumerci responsabilità, interessarci del contesto circostante, avere coscienza di sè. Poi, mancherebbe pure, l’altra parte di responsabilità vada a chi si propone per essere guida della comunità (a chiacchiere) e finisce a guidare se stesso verso un interesse palesemente personale. Ce n’è talmente tanti, d’esempi, che fare nomi e cognomi pare superfluo e inutile.
Dico POTERE per racchiudere ciascun volto a cui sto pensando.
Non ci si scandalizza più per gli scandali. Anzi, ci si vergogni anche solo di pensarci! Facce della rassegnazione di una Italia in balia di chi delinque e la fa franca. Sagome di una penisola in cui certi assiomi procedono da soli: non puoi svincolarti, non hai modo di protestare. Mettiti, semmai, in fila.
Oh!!!
Sveglia gente, mi viene da dire!
Inutile toccare la politica, i massimi sistemi. Non voglio arrivare a questo. Però. La si smetta, almeno, con l’ipocrisia. Con i formalismi. Con l’impeccabile postura di chi deve apparire. Si cominci ad essere.
Verrebbe da approfondire temi legati alla disoccupazione crescente, alla fatica di campare. Verrebbe, ma non lo faccio. Mi limito a quel che succede attorno al pallone che rotola. Perchè, oggi, il “caso” è Daniele De Rossi che si permette di sottolineare che anche l’abuso di potere – e non solo la violenza gratuita – è reato. Lo fa, ma non si può dire.
 Per la figuraccia che fa la Federazione Italiana Gioco Calcio. Allora, immediato comunicato per dissociarsi dalle parole di De Rossi. Allora, immediata smentita di De Rossi con conseguente dichiarazione volta a elogiare il lavoro delle Forze dell’Ordine. Bene. Lo si rispetta tutti, per carità. Lo si rispetta e lo si apprezza enormemente. Però, degli scandali ci si provi anche a scandalizzare. Che non si fa peccato. Ecco: tutti i farabutti che usano gli stadi come a Roma si usava il Colosseo ai tempi dell’Impero, perchè stanno poi in quegli stessi stadi anche nelle giornate successive? Chi le fornisce le risposte del caso? Ecco: la connivenza tra società e tifo (violento) esiste? E se sì, dove stanno le condanne? Ecco: un uomo che sceglie consapevolmente di difendere lo Stato e i suoi cittadini, è lo stesso uomo che – di fronte a un abuso da parte di un collega – si indigna? E se sì, perchè le parole dette da De Rossi non sono state dette – come era giusto che fosse – da un esponente delle forze dell’ordine? Come si chiama il silenzio del caso? Solidarietà? Comprensione? Omertà? Paura? E si chiama sempre allo stesso modo, oppure a volte è solidarietà. A volte comprensione. A volte omertà. A volte paura.
La Tessera del Tifoso magari servirà: a reprimere la violenza, ad allontanare i facinorosi, a tenere sotto controllo la miccia della delinquenza – dilagante – negli stadi. Il timore non è legato alle intenzioni. Semmai, al fatto che diventa difficile capire quale forma di tutela può garantire lo Stato a un proprio cittadino se, nel momento in cui a sbagliare sono i suoi rappresentanti diretti, ci si muove nel tentativo di nascondere. Celare il misfatto. Mettere sotto silenzio.
Le parole di Daniele De Rossi: forse il concetto andava spiegato in maniera più approfondita.
Forse sì.
Ma lo spot più bello a iniziative (che vanno vagliate) quali quella della Tessera del Tifoso, la migliore delle pubblicità sarebbe proprio arrivata se quello che ha detto De Rossi lo avesse in realtà affermato un servitore dello Stato.
Ribadendo a chiare lettere che l’abuso di potere è reato. Reato da debellare e sconfiggere tanto quanto quello del primo esaltato che scambia l’Olimpico – o San Siro – per un ring. Per un macello.
Perchè uno Stato che si scandalizza per gli scandali e agisce di conseguenza – senza ordine di grado, forma, colore, mittente e destinatario – è il luogo più sicuro al mondo.
E i suoi stadi – di riflesso – un microcosmo dove sentirsi a casa. A prescindere dalla Tessera del Tifoso.


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