De Rossi: “Un onore giocare in Nazionale, il calcio italiano è un pò malato”

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 Dal Romanista:

Due giorni di riposo, insieme a Gaia e nella sua Ostia. Così Daniele De Rossi ha ricaricato le batterie in vista del Mondiale sudafricano, che da oggi entra ufficialmente nel vivo. Ieri sera, da Malpensa, Daniele, insieme a tutto lo staff azzurro, si è imbarcato sul volo per Johannesburg: il morale è buono, la voglia di confermarsi campioni del mondo è tanta. Tantissima. Anche se sarà difficile. De Rossi lo ha confermato al quotidiano spagnolo Marca che, in collaborazione con l’Adidas (suo sponsor tecnico) lo ha intervistato insieme ad altri fenomeni come Messi, Gerrard e Kakà. «Siamo i campioni del Mondo e tutte le squadre giocano contro di noi mettendoci una marcia in più. Vincere questo Mondiale significherebbe migliorare quanto fatto in Germania, ma noi ci proveremo». Lui è uno dei punti di forza della Nazionale di Lippi e nonostante venga da una stagione logorante è pronto a ripartire: «Gli stimoli ci sono, come sempre quando si indossa la maglia dell’Italia. Giocare in azzurro, per me, è sempre stato affascinante. Tutti noi veniamo da un anno duro, ma stiamo migliorando». Il girone azzurro, con Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia non è dei più difficili, ma Daniele non si fida: «Le gare di coppa del mondo non sono mai facili. È vero, nel girone non abbiamo l’Argentina, la Germania o l’Inghilterra, ma non sarà facile comunque. Noi siamo teste di serie, ma al tempo stesso incontreremo squadre come la Nuova Zelanda, che lo scorso anno ci ha messo in difficoltà, e Paraguay e Slovacchia, che hanno una buona base». Le favorite? Per lui sono sempre le stesse: «Italia, Brasile, Argentina, Germania, Francia, Inghilterra e Spagna. Per vincere un Mondiale ci vuole impegno, qualità e anche un pizzico di fortuna. Insomma, è molto difficile, ma le squadre che ho detto se la giocheranno fino all’ultimo». De Rossi, poi, allarga anche il discorso al calcio italiano in generale: «Secondo me è un po’ malato. Ci sono un po’ di problemi, come gli stadi e le strutture».


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