Ranieri: “Cacciamolo subito dicevano…”

 Da Repubblica:

Claudio Ranieri, cosa pensa un allenatore quando l´avversario – il Bayern – sta battendo la Roma 2-0?
«Pensa che si sta mettendo male, e che bisogna restare lucidi. Non è come pensate voi, se ti disperi è finita».
E quindi?
«Quindi siamo tornati negli spogliatoi, queste situazioni le codifico: per 2-3 minuti si lasciano i giocatori tranquilli, poi illustri loro il da farsi, decidi il cambio (Simplicio per Greco ndr) dai le nuove disposizioni, e lasci ancora ai giocatori gli ultimi 2-3 minuti in maniera che possano parlarsi, dirsi come vogliono la palla. E si torna su».
Dopo il 3-2 è tornato subito dentro, non se l´è goduta. Perché?
«Quel momento appartiene ai ragazzi. Resto un po´ di più se è andata male, per fare da capro espiatorio…»
Si dorme dopo aver battuto il Bayern per 3-2?
«Poco, la partita non ti esce di testa. E la rivedi pure alla tv. L´ho rivista dal 2-1 in poi ma giuro ho acceso la tv che la replica era a quel punto. Però sul primo tempo ho tutto, ci stiamo lavorando».
Spiegazioni?
«Spesso si dimentica che giochi col Bayern vice campione d´Europa: devi fare uno sforzo immane per batterlo, ma la gente vedeva che non mollavamo e ci ha spinto. L´unione pubblico-squadra è stata la chiave».
E se aveste perso?
«Avrebbero detto che avevo sbagliato la formazione: la stessa che di 7 partite ne ha vinte sei e pareggiata una. In Italia il risultato è dogma».
In certi casi ci vuole lo psicologo.
«Forse. Fondamentali le motivazioni, siamo latini, devi usare bastone e carota, preoccuparti che ora non si vada a Palermo con la testa altrove. In Inghilterra dai una pacca sulla spalla al giocatore e quello parte a 3000 all´ora sempre».
Nei giorni difficili, sentiti un po´ di toni alti: “Attenzione a chi viene dopo!”, “Ci ricorderemo…”
«Ci stava, su. Dalle squadre ho tirato fuori il meglio e poi bisogna farsi sentire anche dai sordi no? Un allenatore non fa e non dice mai nulla per nulla. Nelle settimane prima di Basilea, sentivo dire: “Ma che aspettiamo? Cacciamolo subito”. E´ un bello stress, ma so che più tranquillo sto meglio è. Non leggo e non sento nulla, solo io e la squadra».
E veniamo a “Ve state a attaccà ar fumo de la pipa» dopo il derby, battuta scenica alla Aldo Fabrizi.
«M´è venuta così, si diceva tra ragazzini. E mi ripetono pure “I romanisti stanno godendo come ricci!”. Con Totti e De Rossi alla fine il romanesco ti torna fuori».
Ha detto pure: “Mica fumo il sigaro in panchina io…»
«Volevo solo dire che mi do da fare. E tutti a dire di Lippi. Se mi cacciassero di chi viene dopo frega nulla».
Tutti gli allenatori sono un po´ gufi, su.
«Quando ero senza panchina non andavo mai negli stadi. Facevo il commentatore in Rai, lì incontrai Mario Cecchi Gori e mi chiamò alla Fiorentina. Grande personaggio: agli inizi mi invitava a cena con la famiglia a Roma, ma io ero a Firenze. Montavo in macchina, scendevo a Roma e tornavo su la notte».
Anche Benitez ha tremato.
«Chi lavora con serietà e professionalità fa risultati».
Come ha vissuto il momento no della Roma?
«Non benissimo. Con la testa eravamo rimasti all´anno scorso, non avevamo capito che il campionato era ricominciato. Ma come tifoso dicevo anche che non mi sarei cacciato: un tecnico si manda via quando la squadra non è più con lui. Non era il caso».
E poi i cicli devono durare qualche anno no?
«Da noi un allenatore dura massimo 3 anni. Andatelo a dire a Wenger e Ferguson…»
E vero che il turn over della Roma è matematico?
«Ma no, è a scelta mia. La Roma degli ultimi anni giocava in 12-13, ma per campionato e Champions non basta. Lo stress da noi è alto, reggere 11 mesi la condizione ottimale impossibile, ecco spiegati anche i troppi infortuni. Lavoro per avere tanti giocatori ad alto livello. Chi va in panchina è comunque titolare. Certo poi devi scegliere e non è facile spiegarlo anche al calciatore che si sente sempre forte e in forma. Una domanda ora la faccio io: e la preparazione?»
Che vuol dire?
«Che se la preparazione era sbagliata quando perdevamo, lo è anche ora che vinciamo. Purtroppo solo il risultato mette tutti d´accordo, è la logica del pollice alto e del pollice verso, ma non va bene. Quindi più organizzazione e più campioni hai, meglio è».
A Roma è sempre processo.
«Si discute pure su 4-4-2 e rombo. Non è per quello che si vince o si perde».
Si è detto spesso: faccia a faccia Totti-Ranieri e Totti alla Altafini.
«Mai stato ma nessuno ci crede, parole e colloqui tutti i giorni. Per Totti alla Altafini vale il discorso di prima, si cerca di volta in volta la miglior Roma possibile. In ogni caso ora che si è sbloccato siamo tutti più felici».
E Menez?
«Entusiasma il pubblico, ma deve ancora migliorare. Con lui sì che ci sono stati i faccia a faccia…»
E la storia delle 4 punte?
«Col Bayern è durata 7 minuti. L´avevo detto prima, brutto segno se devo utilizzarle tutte. Però capisco, un allenatore deve dare anche emozioni. Lo puoi fare se hai ali che tornano. Eto´o l´ha sempre fatto, anche nel Barcellona. Noi non abbiamo giocatori così. Vucinic ha fibre bianche, è uno scattista, non un fondista, non può fare avanti e indietro».
E poi Borriello, 9 gol.
«Non me lo aspettavo, è stato un bel regalo. Roma dai tempi di Batistuta non aveva un centravanti così».
Si dice: attacco senza punti di riferimento e tre mediani a centrocampo.
«Certo, è così. Chi ha la palla è un punto di riferimento, chi non c´è l´ha fa la sorpresa. Penso a Perrotta, Brighi, Taddei. I tre mediani ci hanno dato una striscia positiva di 7 partite, i tre mediani sostengono gli attacchi pesanti: è così anche al Milan e al Palermo. E pure nel Napoli di Maradona, Careca e Giordano… Il rientro di Pizarro da noi o di Pirlo nel Milan non sconvolgerà le squadre, si troveranno nuovi equilibri».
Si riparla di scudetto.
«Per ora penso a fare un punto in più degli 80 dello scorso anno».
Il nuovo contratto lo vuole con americani, arabi o italiani?
«Quello che sarà va bene, da romano vorrei ringraziare con un campionato fantasmagorico. Se dovessi andar via non sarà un problema, se posso restare a guidare la squadra della mia città sarò felicissimo».

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