CAPITANI: Fulvio Bernardini, il cuore della Roma Testaccina…

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 Fulvio Bernardini, secondo capitano della storia della Roma, fu il cuore del club giallorosso tra gli anni ’20 e ’30. Nacque nella Capitale il 28 dicembre 1905, laureato in scienze politiche, iniziò la sua carriera calcistica nella Lazio; in precedenza aveva bussato alla porta della Fortitudo senza risultati. Il suo esordio è datato 19 ottobre 1919 in una partita del Torneo Canalini. Giocò due anni nel ruolo di portiere. Nel 1921 cambiò strada e scese in campo da attaccante.Non sono chiare le ragioni di questa decisione: secondo i più la scelta  ha origine nelle quattro reti subite in Naples–Lazio, altri sostengono che la decisione scaturì dalle accese preoccupazioni della famiglia in seguito ad un duro colpo ricevuto contro la Fortitudo. Con la Lazio giocò la finalissima scudetto contro il Genoa: i rossoblu vinsero con con netto distacco, ma rimasero fortemente stupiti dalla classe e dall’intelligenza tattica di Bernardini, tanto che Renzo De Vecchi, l’allora capitano genoano, lo elogiò apertamente profetizzandogli una grande carriera. Nel 1925 debuttò con la casacca della Nazionale; con l’Italia però non troverà mai lo spazio che avrebbe meritato, il suo gioco improntato sul lancio del compagno negli spazi vuoti più che sul fraseggio, sull’eleganza e la raffinatezza degli scambi più che sulla cattiveria agonistica, non si sposava bene con la visione cinica e l’impronta quasi esclusivamente fisica che Vittorio Pozzo voleva dare ai suoi. Nel 1926 il Professore venne acquistato dall’Inter di Luigi Cevenini: sarà Bernardini a riconoscere il talento di Giuseppe Meazza. Nel 1928 ebbe inizio l’era giallorossa, quella per cui verrà ricordato nella storia, pur non avendo vinto nulla. Nella Roma giocò da centromediano, ruolo in cui esprime al massimo le sue qualità, anche perché affiancato da un superlativo Attilio Ferraris; sarà proprio Ferraris IV a lasciargli volontariamente la fascia da capitano. I giallorossi sono combattivi, non vantano trofei, ma sfiorano uno scudetto, mettono in campo carisma e voglia di vincere, senza mai tralasciare la classe delle giocate; quasi tutti i palloni passano per i “piedi buoni” del Professore. Fu lui a coniare quest’espressione, ancora oggi in uso. Pur essendo nel rettangolo di gioco un fanatico degli schemi, il Dottore, sosteneva che la tecnica, la visione di gioco e la giusta disposizione in campo, fossero utili ma non indispensabili: la vittoria passava in primis per i piedi buoni dei calciatori. Nella Roma colleziona 286 presenze e ben 45 reti; il suo ritiro coincide con la fine di un’epoca: la squadra giallorossa si trasferisce dallo stadio di Testaccio. Il teorico dei piedi buoni ritorna nella capitale da allenatore nel 1950; non era ancora il momento dei grandi risultati da mister. Si fa le ossa in serie C e B con Regina e Vicenza. Arrivarono poi le importanti vittorie: due scudetti rispettivamente al comando della Fiorentina e del Bologna, e una Coppa Italia sulla panchina della Lazio. Nel Bologna si trova a dover scontare una squalifica di un anno e mezzo per aver indotto i suoi giocatori all’utilizzo di sostanze proibite. Nel 1965 mister Bernardini retrocede con la Sampdoria, l’anno dopo però domina il campionato cadetto e torna in serie A, dove rimane fino al 1971. “Fuffo” oltre ad essere stato un calciatore esemplare e un allenatore vincente ed innovativo (da ricordare il periodo in Azzurro tra il 1974 e il 1977), ebbe anche spazio come dirigente sportivo. Ammalatosi di morbo di Gehrig, morirà a Roma il 13 gennaio 1984. La Roma oggi si allena nell’impianto sportivo “Fulvio Bernardini”.
Anna Giulia Ruggeri


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