Ettore Viola: “Mio padre non ha mai voluto cedere la Roma. Neanche al miglior offerente…”

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 Dal sito della Signora in Giallorosso (www.lasignoraingiallorosso.it):

Dino Viola è morto senza venir meno alla sua volontà: non cedere mai la Roma. Neanche al miglior offerente”. Orgoglio di un figlio, Ettore Viola, di fronte ai frammenti di ricordo della presidenza del papà. Le immagini e i cimeli allestiti nella galleria espositiva Ex Roma Caput Mundi, per la mostra “Dino Viola, il presidente dell’orgoglio giallorosso”, accompagnano e addolciscono il racconto di Ettore.
Lo sguardo sospeso, talvolta abbandonato. Resta lì, calamita ogni particolare, per poi restituircelo così: “Guarda quella foto, io e papà, uno accanto all’altro, entrambi con la sigaretta in bocca. Vedi come tenevo pronto il posacenere? Lo sento ancora addosso, quel desidero di essere sempre a disposizione per ogni sua evenienza”. Ancora ricordi. Il più tenero: “Papà consigliere, io piccolino: di nascosto origliai un summit di mercato con Oronzo Pugliese che chiedeva Pelè, ed Evangelisti e mio padre che cercavano di mediare…”.
Delle foto con Falcao, Liedholm, Conti e l’Olimpico tricolore, fa tutto un fascio: “Quella di mio padre è una storia di grandi successi e altrettante battaglie. In quegli undici anni hanno trovato posto anche momenti difficili, come il caso dell’arbitro Vautrot, o lo scandalo Lipopil. Le sconfitte fanno parte della vita. La più amara? Quella legata al progetto per lo stadio di proprietà alla Magliana: se fosse andato in porto, oggi la Roma vivrebbe una situazione diversa”.
 Oggi. Sospiro. Pausa. Elegantemente – e su sollecitazione – il figlio dell’indimenticato si sofferma sulle difficoltà che sta vivendo la famiglia Sensi: “E’ difficile stabilire come si sarebbe mosso mio padre. Erano altri tempi, ora ci sono tante voci da mettere in bilancio. Lui seppe superare le difficoltà grazie alla sua capacità imprenditoriale. Nel suo dna c’erano le risorse per sostenere un club che viveva del portafoglio della nostra famiglia e di uno sponsor che non bastava a pagare l’ingaggio di Falcao. E’ complicato, però, fare dei paragoni con l’attuale situazione. All’epoca c’era un giovane Berlusconi che molto gentilmente chiedeva se poteva mandare in diretta ad un prezzo inferiore le partite della Roma: mio padre acconsentiva, magari lamentandosi un po’. Per poi aggiungere: Berlusconi se lo merita, è un giovane che farà carriera…”. Lo sguardo evade repentinamente. In quella foto c’è mamma Flora: “Nella storia di mio padre fu fondamentale, si dice sempre che accanto ad un grande uomo deve esserci una grande donna. Mia madre è diventata presidente della Roma perché tra me e mio fratello non trovammo un accordo. Toccò a lei di portare avanti il club prima che ci fosse portata via la Roma da Ciarrapico. Eravamo nella prima Repubblica: non era tanto una questione di banche, piuttosto, era arrivato il momento di Ciarrapico. Ben inteso: se mio padre fosse rimasto in vita, la Roma non sarebbe mai passata di mano. Mia madre, in ogni caso, fu all’altezza della situazione. Sette giorni dopo la morte dell’Ingegnere, radunò i giocatori e garantì loro certezze: arrivammo a vincere la Coppa Italia, e a perdere ‘mio tramite’ la finale di Coppa Uefa”. “Mio tramite”… (“per colpa mia”). Dialetto violese. Abbinato ad una promessa: “Chiamatemi, vi racconterò”. Ci può giurare.


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